"Cosa penso di.." è una espressione impegnativa.
Ma non c'è altro modo di riassumere l'insieme degli stimoli
raccolti in anni e anni di esperienza vissuta in gran parte
da autodidatta.
Perciò, "Cosa penso di.." non costituisce un "pensiero",
è piuttosto la fusione di elementi di diversa provenienza, tratti
anche dall'osservazione meditata del mondo circostante.
Si tratta di poco più che flash di argomenti più svariati, destinati
ad essere rivisitati e aggiornati dagli arricchimenti che, tempo
permettendo, si aggiungeranno al già conosciuto.
È come un'opera di affinamento continuo, che non avrà mai termine. Quello
che si legge è dunque l'ultima versione, ma chissà se sarà la
definitiva. Di certo molte convinzioni del passato sono state
travolte dagli eventi e dalle scoperte di terre prima sconosciute.
E il metro di giudizio per l'accoglimento non è stata certo
la convenienza, quanto piuttosto un'esigenza interiore. Senza
paura alcuna di contraddire il passato.
Infatti, la coerenza è un concetto collaterale a quello di fede e
colui che rivendica con parole forti la propria coerenza è un
indottrinato. Coerenza significa piena rispondenza tra pensiero
e azione. Se io ho pensieri certi, sicuri, sui quali non ho
dubbi, questi pensieri ispirano la mia azione. E se agisco di
conseguenza, ecco che sono coerente con me stesso e con ciò
che penso. Quindi la coerenza rigida ai propri convincimenti
fideistici, porta ad atteggiamenti di chiusura rispetto ad altri
modi di essere. La gente che porta
i suoi princìpi fino al termine dell'azione, fino alla reductio
ad absurdum della pratica è gente noiosa.
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Da tempo non si vedono più grandi sistemi filosofici e politici,
come quelli che ci accompagnano da sempre, che ci hanno aiutato
a vivere. E non perchè siano superati, erronei o inefficaci.
Infatti non possiamo parlare di "progresso" nel campo
del pensiero, allo stesso modo in cui parliamo di progresso
nel campo della tecnica, dove l'assurda idea di progresso può
avere un minimo di significato. Kant non rappresenta un "progresso"
rispetto a Platone nè Bentham rispetto a Budda, mentre un'autovettura
di oggi lo è rispetto alle automobili del primo novecento.
Le idee dei grandi pensatori e uomini di azione, degli uomini
di religione, a noi familiari, formano un "corpus"
immutabile, ma sempre attualizzabile. Noi viviamo ancora nei
grandi scenari di senso da loro elaborati che sono stati e sono
tuttora per noi schemi di orientamento.
Ma forse la complessità del mondo si è talmente dilatata che
nessun sistema si rivela più capace di contenerla ed è destinato
magari a fallire o a forzare e impoverire il reale, che è ancora
peggio.
E nell'impossibilità di fare sistema, siamo inevitabilmente
condannati alla citazione della citazione, al commento, alla
parodia, alla contaminazione che spesso viene praticata come
alibi, come strategia di aggiramento dinnanzi a problemi di
difficile soluzione.
Noi siamo, in realtà, quasi sempre, tutto tranne che noi stessi.
I nostri pensieri sono pensieri di qualcun altro. La nostra
vita una parodia.
Le nostre passioni semplici citazioni.
E poi ci sono, ovviamente, i geni!
Ma loro non hanno bisogno di rivendicare coerenza.
E saranno loro ad abbracciare i temi planetari della modernità.
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