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Giancarlo Sacconi

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Politica

Sarebbe auspicabile l'autonomia della politica nei confronti di qualsiasi tipo di sovrastruttura e di impianto ideologico. In altre parole una visione laica della politica.

Che significa fare politica.

Fare politica significa rispondere ai bisogni,
assumendosi la responsabilità delle decisioni,
accettando di correre dei rischi se necessario,
attuando interventi concreti,
predisponendo protezione per i più deboli.

Chi fa politica attua forzature e dosaggi, quando necessario,
e dispone la dislocazione delle risorse,
determina la ridefinizione del più importante e del meno importante
di un’agenda di urgenze e di priorità.

La politica non è fatta di buoni sentimenti, non è fatta di filantropia, deve rispondere alle domande di una società o
rdinata che aspira ad una qualità della vita sempre migliore.


La politique d’abord.

La politica innanzitutto. È la traduzione letterale di questa espressione coniata da Franҫois Mitterrand e ricordata e introdotta nel nostro linguaggio politico da Pietro Nenni, il quale assegnava così alla politica un primato nei confronti e contro i particolarismi, le lobbies, l’affarismo.

Prima viene la politica, la proposta in grado di incanalare gli interessi della gente, e poi vengono le persone. Prima l’interesse generale, poi il particolare. Mai viceversa.
Questa è la Politique d’abord, che emerge anche dall’intervento a lato sulla crisi della politica.

Questa espressione è stata ripetutamente citata negli anni ’80 per descrivere l’atteggiamento battagliero di Craxi e dei Socialisti, affibbiandogli in senso dispregiativo e offensivo il significato di Politica di abbordaggio (come i corsari), Politica d’assalto, a cui i Socialisti si sarebbero lasciati andare, mentre democristiani e comunisti, le mammolette che detenevano tutti i poteri, sembra che non riuscissero a difendersi da questa aggressione dei socialisti.

Si trattava in effetti del più nobile degli obiettivi, svalutato strumentalmente anche da tutta la stampa, perché è impossibile che nessuno conoscesse il significato della traduzione di quella formula.

Anche il Segretario della DC Ciriaco De Mita, prese questo clamoroso abbaglio in una intervista a Repubblica del 9 settembre 1992 (pagg.2-3), condotta da Eugenio Scalfari. Scalfari conosceva sicuramente la traduzione giusta, ma non intervenne e lasciò a De Mita l'onere o l'onore di quella immagine.
A distanza di anni, per la verità, mi è sorto il dubbio che anche molti socialisti navigassero nel buio e che ad alcuni tutto sommato quella interpretazione non dispiacesse. Infatti, non ricordo alcuna precisazione apparsa su organi del Psi. (6-11-08)

Cosa manca alla politica europea.
La politica occidentale sembra avviata a trasformarsi nell'arte, o per meglio dire nella tecnica, di favorire le migliori condizioni per lo sviluppo economico. A prima vista l'economista dovrebbe esultare, ma come sempre purtroppo, non esistono strade maestre, e pericolosi rischi concreti si affacciano all'orizzonte.

Da una parte l'Europa ha abbandonato la via politica all'integrazione, per dedicarsi interamente all'economia. La conseguenza più vistosa è la perdita di un suo ruolo politico internazionale, ed una situazione di oggettiva debolezza di fronte ai grandi temi dei diritti civili e anche della propria sicurezza.
Così nei confronti della Russia (democrazia interna, Cecenia e Georgia) dell'Iran (programma nucleare), della Cina (Tibet, diritti umani), per non dire di Israele e dell'Iraq, assistiamo ad un non esaltante balletto, tutto teso a mantenere le convenienze per i propri investimenti attuali e futuri, in quei paesi. (6-11-08)


La crisi della politica

La crisi della politica è la crisi della capacità di mediazione e di sintesi degli interessi che vivono all'interno della società. Quando non vige un sistema chiaro di decisioni basate sulla concorrenzialità, gli interessi si frantumano e si scontrano per acquisire privilegi impropri. Si instaura con il potere un rapporto anomalo che trasforma la lotta politica in pura lotta di potere per il potere.

La concertazione è un esempio di questa anomalia, nel mentre viene presentata come una sua componente irrinunciabile. Questo metodo fu istituzionalizzato dal Fascismo nella Camera delle Corporazioni, peraltro con una valenza addirittura più democratica e trasparente, perchè tutto avveniva alla luce del sole..

Se si dà l'impressione di lottare per mantenere o per conquistare il potere, senza spiegare quale uso si farà di questo potere, la politica si deteriora.

Gli affari sono il sale di ogni sistema di produzione e distribuzione della ricchezza, ma se la politica abdica al suo ruolo, la gestione necessaria degli interessi rischia di favorire solo gli "amici".

Se si perde la capacità di proposta politica, a farne le sperse sono le istituzioni, che diventano sempre più fragili.

Qualcuno ha pensato di sostituire i politici con dei tecnici, con risultati il più delle volte negativi, perché un tecnico è il peggior dipendente del partito che lo ha indicato. È un falso rimedio. Il partito padrino spesso nasconde le proprie responsabilità dietro la formula dell’indicazione tecnica. Come dire: si salva l’anima.

Inoltre, il problema non è un'astratta efficienza, quanto la garanzia dell'imparzialità dell’amministrazione, cosa che un tecnico non è abituato a praticare in quanto quasi sempre specialista o specializzato, e perciò incapace di grandi sintesi. Mettete un penalista al Ministero della Giustizia e farà l’interesse degli avvocati. Affidate il Ministero ad un Giudice, e…che Dio ci salvi. Se il Ministro della Sanità è un ricercatore la sua prospettiva sarà in prevalenza quella della ricerca e troverà poche mediazione con gli ospedali.

Infine, c’è il problema della inamovibilità per mancanza di alternativa. Quando una classe di Governo è inamovibile, e questo avviene, per fortuna sempre meno, in molte amministrazioni locali, c'è il rischio che ci si sieda, perché non ci sono sfide alle quali rispondere e giudizi ai quali sottoporsi.

La caduta delle ideologie ha prodotto il disfacimento dell’utopia anche laddove essa sembrava più radicata, cioè il mondo comunista, un utopia peraltro che era riuscita a digerire milioni di morti. Liberi da questo orpello scelto nelle età giovanili o imposto da grandi, i comunisti hanno rinnegato rapidamente il loro stesso passato, sciogliendo le catene degli istinti naturali presenti in ogni uomo, e coprendoli con una ipocrisia di buonismo istituzionalizzato.

La società laica, meno legata ai dogmi, e perciò più tollerante e liberale, vive comunque anch’essa una crisi di valori e di cultura.

Tutto ciò ha consentito l’esplodere all’interno della nostra società di egoismo, arroganza, intolleranza, e anche violenza.


De Gasperi, ovvero, quando la politica era forte.

De Gasperi è stato l’unico leader dal, dopoguerra in avanti, capace di evitare lla collusione della politica con gli interessi legittimi. Lo scontro tra gli interessi c'era anche allora, robusto e intenso. Il potere politico mediava, ma al momento delle scelte, decideva, aveva la forza di far accettare la sua decisione.
Quello è stato il periodo in cui il potere politico ha manifestato la sua maggiore capacità di esplicarsi. Perché era forte, fortissimo.

C’erano dei perché, ovviamente.
Gli uomini avevano forse più tempra, più carattere, venivano quasi tutti dalla dura esperienza della guerra mondiale e della guerra civile, in cui si rischiava la galera, quando non la pelle. Nessun dirigente politico ebbe mai a dichiarare goliardicamente che "si divertiva" amministrando lo Stato.
 
E soprattutto c’erano valori culturali di riferimento omogenei.
Le maggioranze degli anni Cinquanta si muovevano in un quadro omogeneo. I contrasti non mancavano di certo, ma non erano contrasti sulle scelte di fondo, non sui riferimenti, non sugli obiettivi.
Ecco perché il potere politico era forte, fortissimo. Questo rendeva lo spazio per gli interessi illegittimi estremamente limitato.

E noi socialisti?

Avevamo rappresentato gli interessi emergenti, avevamo spinto l’acceleratore sul valore dell’efficienza. Volevamo la Grande Riforma, per primi (e ultimi) dal dopoguerra, perché erano mutati i rapporti sociali e politici nel Paese. Il compromesso storico era alle spalle, i comunisti erano alle corde dopo la caduta del muro, la classe operaia era diventata in gran parte tecnicizzata, perdendo le sue caratteristiche peculiari. Erano esplosi i servizi. Tutte novità assolutamente vere, che solo noi avevamo saputo cogliere. Marx avrebbe detto: se cambia la struttura, bisogna adeguarvi la sovrastruttura. Ma ad un certo punto è sembrato che fossimo quasi appagati, e via via si perdette la capacità di realizzazione e il fenomeno corruttivo prese piede, portandoci alla rovina.
Dopo avere guidato e amministrato un grande sviluppo nel nostro paese, avere accompagnato una straordinaria crescita, abbiamo dovuto fare i conti, insieme alle altre forze politiche, con il naturale declino di un ciclo.