Comunisti italiani
La via italiana al comunismo
La via italiana al comunismo è stata una delle tipiche
doppiezze che hanno caratterizzato la politica del PCI. In
sostanza si accettava il metodo democratico, ma nei
militanti si lasciava integra la riserva mentale di una
rivoluzione raggiungibile per via democratica. I dirigenti
sapevano bene che questo non sarebbe stato possibile.
Ieri stalinisti oggi islamisti.
La Sinistra e gli underdogs. Ancora oggi si proclama (Ingrao): “Non dobbiamo smettere di sognare la Luna. La lotta continua.” Ecco, appunto! La pratica di stampo "stalinista" del "capro espiatorio". Una pratica alla quale i comunisti ed i loro epigoni ci hanno abituato e a cui ricorrono con troppa frequenza, è l'individuazione di un capro espiatorio. L'uomo comunista è sempre stato scontento ed è pleonastico chiedersi perché. L'adesione alla "fede" lo porta a pensare che la colpa deve pur essere di qualcuno: qualche infedele, qualche nemico di classe, qualche nemico politico. È un escamotage che sembra funzionare: anziché guardare in faccia la realtà ci si limita a indicare il villain di turno, un cattivo, cattivissimo sul quale scaricare tutte le colpe, meglio poi se è rappresentato da un collettivo! Non un solo un traditore della classe, ma molti. Non un solo ribelle, ma un intero popolo di sovversivi ecc.La finzione degli infiltrati tra genuini comunisti rientra in questo quadro. Infiltrati, ma così invisibili da poter essere vicinissimi al cuore del sistema: potrebbe esserne uno anche l'uomo di fiducia del Capo Supremo , il Generale dell'Armata Rossa, lo stesso «eroe del lavoro socialista» o magari la donna delle pulizie e senza escludere il militante integerrimo. |
Alcune perle su Craxi PIERO FASSINO, 15 maggio 1993.
Un anno di indagini e centinaia
di deposizioni hanno messo in
luce un sistema fondato
sull’intreccio fra grandi
imprese e partiti di governo, in
Veltroni il 15 luglio 2009
La stampa fa risaltare una dichiarazione di Veltroni che
riabilita Craxi, addirittura a scapito di Berlinguer.
Non siamo più comunisti!
Se si ha la ventura di ricordare
il loro passato ai comunisti oggi nel PD, si
viene a dir poco sbertucciati, non solo dai diretti
interessati, ma da tutto un mondo "liberal" che dai voti di
quella organizzazione ancora forte nel territorio trae la
propria legittimazione, in un connubio ipocrita e falso, al
limite del parassitismo politico.
Infatti ancora nella commemorazione 2009 della morte di
Berlinguer, è stata affermata l'attualità del suo
insegnamento da un candidato alla segreteria ex DC.
Gli ex comunisti non vogliono diventare adulti ed è questa
la nemesi craxiana. Ancora oggi dopo più di 15 anni un
candidato che ha militato nell'allora PCI non viene
accettato nè dall'opinione pubblica nè dagli stessi membri
ex DC del Partito Democratico.
La incapacità di fare i conti con il proprio passato e di
conseguenza con la storia del Paese, mostra una classe
dirigente inadeguata e immatura nella convinzione di poter
far passare sotto silenzio questa trasformazione.
Un caso di furbettismo italiota, favorito da coloro che vogliono
approfittare del consenso elettorale degli ex PCI, senza pagare dazio,
o meglio senza nulla concedere in cambio.
E così gli eredi di una tradizione politica di grande rilievo,
prima di Berlinguer, si sono ridotti a rinunciare alla propria dignità pur di
avere una legittimazione che avrebbero più facilmente ottenuto con un Congresso
chiarificatore come quello di Brandt a Bag Godesberg nel 1956,
che gli avrebbe consentito di acquisire una identità politica e organizzativa.
Porsi di fronte alla storia in modo così strumentale e
approssimativo, impedisce di mettere in discussione il compromesso storico,
e la brusca virata nella proposta dell'alternativa e della diversità,
che è stata, tra l'altro, la principale causa dell'ulteriore involuzione
del PCI, con le catastrofiche conseguenze sul terrorismo, e infine, della
partenza sbagliata del Pds.
Tanti equivoci pesano sulla sinistra:
l'idea che la distinzione dagli altri
sia antropologica e morale prima che politica l'idea che a sinistra ci sia tutto il
bene e a destra tutto il male, con conseguenti reazioni
moralistiche quando si scopre un po' di male tra le
proprie file (le varie questioni morali)
e, ancora peggio l'abitudine di andare avanti cambiando disinvoltamente linea politica,
senza sentire il bisogno di fare i conti con quella di prima e con i motivi che l'hanno fatta
cambiare.
Per dar vita a un partito veramente nuovo bisogna anzitutto
fare pubblicamente e politicamente i conti con sé stessi,
con i propri errori, con il passato remoto e con quello
recente. Altrimenti si resta sospesi in aria
nell'ambiguità. E questo perpetua una conseguenza deleteria
per l'intera società italiana: quello che fu prima il
terrorismo oggi lo sta diventando il giustizialismo. Ma è
proprio questa l'eredità che vogliono lasciare i
post-comunisti? |