La morale e la fragilità del Bene.
Platone:
Condiziona il bene alla conoscenza. Se si riesce a capire
qual è la cosa buona da fare, poi necessariamente quella
cosa la si fa.
Aristotele
è più problematico.
Oggi Aristotele direbbe che se voglio smettere di fumare,
devo capire alcune cose anche se sono convinto che è utile
farlo, essendo influenzato dall’ambiente in cui vivo, da
quello che penso e da altre considerazioni. Per superare le
difficoltà e le resistenze legate ad elementi estranei al
vizio del fumo, è necessario che metta in campo alcune
astuzie sul tipo di quello che fa Ulisse per difendersi
dalle sirene, mettendo i tappi alle orecchie, per non essere
influenzato dal canto a cui sa di non poter resistere,
cosciente della fragilità della sua volontà.
Sant'Agostino
è sublime: Signore fammi casto ma non subito.
Francis Bacon
Nel saggio intitolato "Della grandezza", Bacone parla della
corruzione. Quanto alla corruzione non limitarti a vietare a
te stesso e ai tuoi dipendenti di accettare doni, ma vieta
anche ai postulanti di offrirli.
Otterrai la prima cosa praticando l’integrità, la seconda
facendo professione di onestà e dichiarando il tuo odio per
la corruzione, in modo da evitare non soltanto la colpa, ma
anche il sospetto.
Una lezione assolutamente perfetta contro la corruzione.
Nessuno, dunque, meglio di lui era convinto di quale fosse
la cosa giusta e quale quella sbagliata.
Ma nel 1626 Bacone ammise, con una clamorosa confessione
inviata alla Camera dei Lord che egli, che era il Gran Ciambellano
del Re, aveva ceduto alla corruzione, cosa che gli distrusse
la carriera politica.
Quindi Bacone sapeva bene come difendersi dalla corruzione e
ciò nonostante, dopo avere scritto quello che aveva scritto,
lasciò che la corruzione lo investisse e non seppe
resistere.
Il che significa che essere coerenti con i propri pensieri è
molto difficile.
E ciò dimostra una volta di più la fragilità del bene.
Kant
il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.
La moralità è consapevolezza etica. Non c’è dubbio che il
famoso imperativo categorico kantiano è la massima
espressione della modernità.
Bernard Williams
Bernard Williams ha grandissimo rispetto dell’assunto
kantiano, ma si pone una domanda fondamentale:
ma è proprio vero che noi possiamo impostare le nostre vite,
tenendo sempre conto di questi imperativi categorici?
Socrate osservava che seguire gli imperativi morali è più
facile per il filosofo che li prescrive, cioè per chi vive
una vita filosofica, ma questa non è la normalità.
Nella sua critica Williams comprende anche l’utilitarismo
che, come l’imperativo kantiano, è un’idea molto astratta e non tiene nel giusto conto la razionalità pratica, che
si traduce nell'idea di
massimizzare la felicità collettiva.
Entrambe queste forme di moralità,
riducono lo spazio dell'individuo.
Noi siamo delle persone con una nostra storia, un nostro
carattere, noi stessi costruiamo il nostro carattere e
tendiamo a vivere liberamente secondo le nostre aspirazioni.
Abbiamo un progetto di vita, vogliamo scommettere sulla
valorizzazione del nostro talento, ma questo può confliggere
con l’idea astratta di moralità.
Il pittore Paul Gauguin decide di fare il pittore già in età
giovanile, cioè si costruisce un progetto di vita. Ma nel
momento della scelta e nel corso dei suoi primi approcci con
la pittura, egli non sa se diventerà un grande pittore.
Perciò si può dire che Gauguin scommette su di sé, sulla
valorizzazione del proprio talento. Sembrerebbe che questo
non abbia avere niente a che fare con l'idea astratta di
moralità. Ma in seguito Gauguin si rende conto che la
famiglia è un impedimento completamente ostativo alla
realizzazione del suo sogno.
Egli ha una visione forte della moralità e sa benissimo che
se lasciasse la famiglia, e abbandonasse tutto per dedicarsi
completamente alla pittura, commetterebbe qualche cosa di grave
dal punto di vista morale. E invece è proprio quello che fa.
E allora, come valutarlo?
L'idea di Bernard Williams è che noi lo valutiamo con una
certa comprensione perché è diventato davvero un grande
pittore, ma lo avremmo valutato in un modo assolutamente
opposto se egli avesse fallito completamente il suo
obiettivo e il suo progetto.
Di fronte al grande beneficio che egli ha reso all’umanità,
il nostro ragionare cerca delle giustificazioni non al suo
comportamento immorale, ma al nostro giudizio sul suo
operato.
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E pensiamo
che non avremmo avuto il grande pittore che è stato, se non
avesse fatto delle scelte anche un pochino o molto
discutibili, come tra l'altro tutti fanno.
Questo è un caso
interessante di come il nostro giudizio morale differisca a
seconda dei casi, e non di poco, perché noi condanneremmo
chiunque altri si comportasse in questo modo.
Sono tantissimi i casi analoghi, Charlie Chaplin, Mao Tse
Tung, Palmiro Togliatti, il regista Roman Polanski.
Quando
siamo in presenza di un successo si tende a sorvolare su
alcuni aspetti discutibili del comportamento privato della
persona, che in caso di fallimento avremmo invece biasimato.
Si pensi ad uno scienziato che salva milioni di vite umane.
E anche senza arrivare a casi così complessi, possiamo
immaginare una situazione molto semplice: la guida notturna
di una vettura dopo una cena tra amici, con un tasso
alcolico di poco superiore a quello previsto dalla legge. Io
voglio guidare perché mi sento sicuro, nonostante tutto, e
nonostante anche alcuni suggerimenti di amici che hanno
cenato insieme a me. E torno a casa. Se nel percorso mi
capita un incidente in cui una persona perde la vita, ci
sarà un biasimo totale e un giusto sdegno per quella scelta
e altrettanto forte sarà la condanna morale. Ma se non mi
capita niente il giudizio sarà diametralmente opposto e si
limiterà tutt'al più ad una osservazione di ordine generale,
molto comprensiva, perché tutti farebbero o avrebbero fatto
così, semmai una ragazzata.
Quindi il giudizio morale cambia
radicalmente perché da totalmente negativo nel primo caso,
potrebbe limitarsi, nel secondo caso a considerare il mio
atteggiamento una semplice negligenza. Naturalmente non è
che si sottovaluti il comportamento scorretto, però il
giudizio rimane comunque più sfumato proprio perché non è
successo niente.
Quindi anche nella morale siamo continuamente soggetti agli
sbalzi della fortuna. Il merito e il demerito non è che
siano distribuiti in maniera del tutto corretta, perché
dipendono dalle situazioni in cui noi ci troviamo ed è tutto
molto opaco, legato alla gravità del male che è stato fatto.
Non ci sarebbe nessuna tolleranza di fronte a fatti gravi.
Però Bernard Williams pensava a una cosa molto più profonda.
Pensava che le nostre vite individuali devono essere vissute
in maniera significativa.
A questo noi ci applichiamo con uno sforzo continuo e
continuamente ci troviamo a che fare con la fragilità del
bene, la fragilità delle nostre vite.
Anche quando pensiamo al bene, ci rendiamo conto che siamo
in terreno fragile.
Noi desideriamo avere amicizie, ci piace l’impegno politico,
siamo attratti da amori passionali e cose di questo genere,
ma la passione può essere in contrasto con l'amicizia per
esempio, l'impegno può generare un sacco di problemi
pratici, insomma tutto ciò che noi facciamo deve
confrontarsi con una sorta di rovescio della medaglia.
La vita di tutti i giorni è ben diversa dalla vita
filosofica, diceva Socrate. L'equilibrio che vuole trovare Bernard Williams,
senza negare la forza di quella idea di moralità, che poi
nasce dall’idea di vivere una vita filosofica, è di fare in
modo che questa moralità non vada ad impoverire la varietà
delle fonti, dei valori e delle nostre virtù, tutti elementi
indispensabili alla costruzione della nostra vita.
Per vivere bene la nostra vita dobbiamo coltivare virtù
quali il coraggio, l'altruismo, con situazioni che possono
confliggere tra di loro. La giustizia può confliggere con la
carità, e si potrebbero fare numerosi altri esempi.
In tutti questi casi non possiamo fare a meno di pensare a
quell’idea di moralità così astratta, anche se così forte,
così forte perché ben temprata dall’esempio degli stoici e
da Kant. Ma il nostro interesse preminente è di avere una
vita individuale da vivere con le nostre giustificazioni, e
quel tipo di moralità condannerebbe una serie di atti, che
invece dal nostro punto di vista non sono per nulla
condannabili, perché fanno parte della costruzione del
nostro carattere.
C'è una frase molto bella che Bernard Williams usa
all'inizio del suo libro "L'etica e i limiti della filosofia" che
dice “se non si ha carattere è il caso di darsi un metodo".
Il punto è proprio questo.
Il carattere è quello che ci interessa.
Ci interessa nel momento in cui la riflessione, non solo
filosofica dice Williams tra l'altro, è aumentata
moltissimo.
I filosofi antichi dicevano, noi facciamo una vita
filosofica, che è diversa da quella degli altri, perché noi
viviamo, per dirla con Socrate e con Platone, delle vite
pensate, noi veramente riflettiamo su tutto, sulle nostre
scelte, e scegliamo la vita filosofica proprio perché
facciamo questo, mentre gli altri non lo fanno. Quindi ci
sarà una parte della società che lo fa, cioè il saggio, che
è una persona diversa dal resto della società.
Oggi, invece, una forma di saggezza di questo genere
dovrebbe essere alla portata di tutti, si può dire che in
gran parte è già
così da più generazioni.
Noi siamo i principali attori delle nostre scelte di vita,
siamo noi che decidiamo con chi sposarci, che scuola fare,
che tipo di università, che lavoro. E soprattutto, più in
generale, che progetti di vita vogliamo intraprendere, e
allora ci troviamo tutti nella situazione di dover fare
delle scelte anche dolorose anche dilemmatiche e questo
forse è il vero fondamento della morale.
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