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Giancarlo Sacconi

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La Morale e la fragilità del Bene 

La morale e la fragilità del Bene.
 
Platone:
Condiziona il bene alla conoscenza. Se si riesce a capire qual è la cosa buona da fare, poi necessariamente quella cosa la si fa.
 
Aristotele
è più problematico.
Oggi Aristotele direbbe che se voglio smettere di fumare, devo capire alcune cose anche se sono convinto che è utile farlo, essendo influenzato dall’ambiente in cui vivo, da quello che penso e da altre considerazioni. Per superare le difficoltà e le resistenze legate ad elementi estranei al vizio del fumo, è necessario che metta in campo alcune astuzie sul tipo di quello che fa Ulisse per difendersi dalle sirene, mettendo i tappi alle orecchie, per non essere influenzato dal canto a cui sa di non poter resistere, cosciente della fragilità della sua volontà.
 
Sant'Agostino
è sublime: Signore fammi casto ma non subito.
 
Francis Bacon
Nel saggio intitolato "Della grandezza", Bacone parla della corruzione. Quanto alla corruzione non limitarti a vietare a te stesso e ai tuoi dipendenti di accettare doni, ma vieta anche ai postulanti di offrirli.
Otterrai la prima cosa praticando l’integrità, la seconda facendo professione di onestà e dichiarando il tuo odio per la corruzione, in modo da evitare non soltanto la colpa, ma anche il sospetto.
Una lezione assolutamente perfetta contro la corruzione. Nessuno, dunque, meglio di lui era convinto di quale fosse la cosa giusta e quale quella sbagliata.
Ma nel 1626 Bacone ammise, con una clamorosa confessione inviata alla Camera dei Lord che egli, che era il Gran Ciambellano del Re, aveva ceduto alla corruzione, cosa che gli distrusse la carriera politica.
Quindi Bacone sapeva bene come difendersi dalla corruzione e ciò nonostante, dopo avere scritto quello che aveva scritto, lasciò che la corruzione lo investisse e non seppe resistere.
Il che significa che essere coerenti con i propri pensieri è molto difficile.
E ciò dimostra una volta di più la fragilità del bene.
 
Kant
il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.
La moralità è consapevolezza etica. Non c’è dubbio che il famoso imperativo categorico kantiano è la massima espressione della modernità.
 
 
Bernard Williams
Bernard Williams ha grandissimo rispetto dell’assunto kantiano, ma si pone una domanda fondamentale:
ma è proprio vero che noi possiamo impostare le nostre vite, tenendo sempre conto di questi imperativi categorici?
 
Socrate osservava che seguire gli imperativi morali è più facile per il filosofo che li prescrive, cioè per chi vive una vita filosofica, ma questa non è la normalità.
 
Nella sua critica Williams comprende anche l’utilitarismo che, come l’imperativo kantiano, è un’idea molto astratta e non tiene nel giusto conto la razionalità pratica, che si traduce nell'idea di massimizzare la felicità collettiva.
 
Entrambe queste forme di moralità, riducono lo spazio dell'individuo.
 
Noi siamo delle persone con una nostra storia, un nostro carattere, noi stessi costruiamo il nostro carattere e tendiamo a vivere liberamente secondo le nostre aspirazioni. Abbiamo un progetto di vita, vogliamo scommettere sulla valorizzazione del nostro talento, ma questo può confliggere con l’idea astratta di moralità.
 
Il pittore Paul Gauguin decide di fare il pittore già in età giovanile, cioè si costruisce un progetto di vita. Ma nel momento della scelta e nel corso dei suoi primi approcci con la pittura, egli non sa se diventerà un grande pittore. Perciò si può dire che Gauguin scommette su di sé, sulla valorizzazione del proprio talento. Sembrerebbe che questo non abbia avere niente a che fare con l'idea astratta di moralità. Ma in seguito Gauguin si rende conto che la famiglia è un impedimento completamente ostativo alla realizzazione del suo sogno.
Egli ha una visione forte della moralità e sa benissimo che se lasciasse la famiglia, e abbandonasse tutto per dedicarsi completamente alla pittura, commetterebbe qualche cosa di grave dal punto di vista morale. E invece è proprio quello che fa. E allora, come valutarlo?
L'idea di Bernard Williams è che noi lo valutiamo con una certa comprensione perché è diventato davvero un grande pittore, ma lo avremmo valutato in un modo assolutamente opposto se egli avesse fallito completamente il suo obiettivo e il suo progetto.
Di fronte al grande beneficio che egli ha reso all’umanità, il nostro ragionare cerca delle giustificazioni non al suo comportamento immorale, ma al nostro giudizio sul suo operato.

 

 E pensiamo che non avremmo avuto il grande pittore che è stato, se non avesse fatto delle scelte anche un pochino o molto discutibili, come tra l'altro tutti fanno.
Questo è un caso interessante di come il nostro giudizio morale differisca a seconda dei casi, e non di poco, perché noi condanneremmo chiunque altri si comportasse in questo modo.
Sono tantissimi i casi analoghi, Charlie Chaplin, Mao Tse Tung, Palmiro Togliatti, il regista Roman Polanski.
Quando siamo in presenza di un successo si tende a sorvolare su alcuni aspetti discutibili del comportamento privato della persona, che in caso di fallimento avremmo invece biasimato. Si pensi ad uno scienziato che salva milioni di vite umane.
E anche senza arrivare a casi così complessi, possiamo immaginare una situazione molto semplice: la guida notturna di una vettura dopo una cena tra amici, con un tasso alcolico di poco superiore a quello previsto dalla legge. Io voglio guidare perché mi sento sicuro, nonostante tutto, e nonostante anche alcuni suggerimenti di amici che hanno cenato insieme a me. E torno a casa. Se nel percorso mi capita un incidente in cui una persona perde la vita, ci sarà un biasimo totale e un giusto sdegno per quella scelta e altrettanto forte sarà la condanna morale. Ma se non mi capita niente il giudizio sarà diametralmente opposto e si limiterà tutt'al più ad una osservazione di ordine generale, molto comprensiva, perché tutti farebbero o avrebbero fatto così, semmai una ragazzata.
Quindi il giudizio morale cambia radicalmente perché da totalmente negativo nel primo caso, potrebbe limitarsi, nel secondo caso a considerare il mio atteggiamento una semplice negligenza. Naturalmente non è che si sottovaluti il comportamento scorretto, però il giudizio rimane comunque più sfumato proprio perché non è successo niente.
Quindi anche nella morale siamo continuamente soggetti agli sbalzi della fortuna. Il merito e il demerito non è che siano distribuiti in maniera del tutto corretta, perché dipendono dalle situazioni in cui noi ci troviamo ed è tutto molto opaco, legato alla gravità del male che è stato fatto. Non ci sarebbe nessuna tolleranza di fronte a fatti gravi.
 
Però Bernard Williams pensava a una cosa molto più profonda. Pensava che le nostre vite individuali devono essere vissute in maniera significativa.
A questo noi ci applichiamo con uno sforzo continuo e continuamente ci troviamo a che fare con la fragilità del bene, la fragilità delle nostre vite.
Anche quando pensiamo al bene, ci rendiamo conto che siamo in terreno fragile.
Noi desideriamo avere amicizie, ci piace l’impegno politico, siamo attratti da amori passionali e cose di questo genere, ma la passione può essere in contrasto con l'amicizia per esempio, l'impegno può generare un sacco di problemi pratici, insomma tutto ciò che noi facciamo deve confrontarsi con una sorta di rovescio della medaglia.
 
La vita di tutti i giorni è ben diversa dalla vita filosofica, diceva Socrate. L'equilibrio che vuole trovare Bernard Williams, senza negare la forza di quella idea di moralità, che poi nasce dall’idea di vivere una vita filosofica, è di fare in modo che questa moralità non vada ad impoverire la varietà delle fonti, dei valori e delle nostre virtù, tutti elementi indispensabili alla costruzione della nostra vita.
Per vivere bene la nostra vita dobbiamo coltivare virtù quali il coraggio, l'altruismo, con situazioni che possono confliggere tra di loro. La giustizia può confliggere con la carità, e si potrebbero fare numerosi altri esempi.
 
In tutti questi casi non possiamo fare a meno di pensare a quell’idea di moralità così astratta, anche se così forte, così forte perché ben temprata dall’esempio degli stoici e da Kant. Ma il nostro interesse preminente è di avere una vita individuale da vivere con le nostre giustificazioni, e quel tipo di moralità condannerebbe una serie di atti, che invece dal nostro punto di vista non sono per nulla condannabili, perché fanno parte della costruzione del nostro carattere.
C'è una frase molto bella che Bernard Williams usa all'inizio del suo libro "L'etica e i limiti della filosofia" che dice “se non si ha carattere è il caso di darsi un metodo".
Il punto è proprio questo.
Il carattere è quello che ci interessa.
Ci interessa nel momento in cui la riflessione, non solo filosofica dice Williams tra l'altro, è aumentata moltissimo.
I filosofi antichi dicevano, noi facciamo una vita filosofica, che è diversa da quella degli altri, perché noi viviamo, per dirla con Socrate e con Platone, delle vite pensate, noi veramente riflettiamo su tutto, sulle nostre scelte, e scegliamo la vita filosofica proprio perché facciamo questo, mentre gli altri non lo fanno. Quindi ci sarà una parte della società che lo fa, cioè il saggio, che è una persona diversa dal resto della società.
 
Oggi, invece, una forma di saggezza di questo genere dovrebbe essere alla portata di tutti, si può dire che in gran parte è già così da più generazioni.
Noi siamo i principali attori delle nostre scelte di vita, siamo noi che decidiamo con chi sposarci, che scuola fare, che tipo di università, che lavoro. E soprattutto, più in generale, che progetti di vita vogliamo intraprendere, e allora ci troviamo tutti nella situazione di dover fare delle scelte anche dolorose anche dilemmatiche e questo forse è il vero fondamento della morale.