Le epoche che hanno prodotto riflessioni sui temi etici sono
necessarie, perché hanno una funzione purificatrice e rinnovatrice
per la comunità umana. Purtroppo, non sempre il nuovo pensiero
viene interpretato come un passaggio verso nuovi orizzonti,
ma diventa esso stesso un fine e quando ci si irrigidisce sulle
idee nuove, arrivano i sacerdoti del nuovo verbo, con aspetti
molto pericolosi.
L’etica cessa di essere intesa come parola "alta" e viene sostituita
da un piatto moralismo e da un pedagogismo prosaico.
E quando la riflessione investe aspetti politici, il pericolo
diventa tragedia vera. Quei sacerdoti si trasformano in truci
difensori di una ortodossia che arriva perfino ad uccidere in
nome della libertà. Quando un individuo si aggrappa ad un tema
etico, inteso come moralizzazione della vita, cioè ne diventa
il sacerdote, il difensore integerrimo, significa che egli vive
in uno stato di timore, terrore, dinnanzi alla pienezza della
vita quotidiana, e tradisce una consapevolezza della propria
inettitudine a vivere.
L’etica non può essere un libro in cui si spieghi come le cose
di questo mondo dovrebbero andare, ma purtroppo non vanno.
Chi aderisce a queste insane intuizioni, non può essere che
un individuo che si convince di sapere sempre meglio degli altri
quello che va fatto e come lo si deve fare. Un’etica non può
essere un testo di consultazione da cui ricavare un’azione morale
garantita e irreprensibile.
L’etica e colui che la studia non si ingeriscono a ogni piè
sospinto nei fatti della vita, ma richiamano l’attenzione sulle
alterazioni e a volte le interruzioni che si vengono a verificare
nello svolgimento della vita quotidiana.
|
L’etica e chi se ne occupa non intendono descrivere in sé e
per sé il modo di essere buoni, come cosa fine a se stessa,
ma, riflettendo rigorosamente sulla base del “fatto etico” e
dell’esperienza limite del dovere, vogliono aiutare l’uomo a
vivere con gli altri.
Imparare a vivere con gli altri nell’ambito del dovere, e non
come spettatori, critici e giudici che rimangono fuori dagli
eventi della vita. Vivere con gli altri non perché un dovere
lo suggerisce o lo impone, ma per una serie di ragioni di vivere,
per tutto ciò che è naturale.
Insomma vivere con gli altri entro i limiti del dovere, non
perché ciò è dovuto, ma perché è sentito. E mutuando Bonhoeffer,
in questa visione della presenza dell'uomo nella società, l’etica
niente altro è se non il senso della presenza del divino in
tutto ciò che ci circonda, ciò che siamo e che facciamo.
|