Giancarlo Sacconi

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Gli anni '80.

Indagine Sviluppumbria sull 'evoluzione strutturale dell 'industria manifatturiera umbra 1987-1992

La Relazione Generale della indagine

Relazioni introduttiva a cura del dott. Ranieri Bugatti-Regione dell 'Umbria: Osservatorio sulle imprese. Ufficio del Piano - S.I.R.P.

I risultati dell 'ultimo Censimento Sviluppumbria sulle imprese manifatturiere operanti in Umbria con oltre 5 addetti vengono a confermare in linea generale il preoccupante processo di deindustrializzazione in atto nella nostra regione, ma essi permettono di determinarne meglio gli elementi caratterizzanti e di analizzare l 'apparato nel dettaglio delle sue svariate componenti (struttura e dinamica per classi dimensionali, per settori e sottosettori di attività, per zone territoriali) facendo emergere un quadro che si presenta in realtà alquanto complesso ed articolato, dove pesanti nodi strutturali si intrecciano con tendenze dinamiche di interesse.

L 'universo censito registra nel quinquennio che va dall 'inizio del 1987 all 'inizio del 1992 un 'ulteriore contrazione della sua base occupazionale, perdendo oltre 8.000 addetti (-13,2%). (Il tasso medio annuo di decremento è del 2,8% praticamente uguale a quello del periodo precedente (1983-1987), proseguendo un calo che all 'inizio degli anni Ottanta aveva pur già espresso una elevata intensità (-5% all 'anno).

Anche la consistenza numerica degli stabilimenti subisce un calo considerevole: 280 in meno, pari ad un -12,9%.

Una diminuzione continua dunque di manodopera occupata e di iniziative imprenditoriali, che non può che rendere l 'immagine di un reale, consistente processo di deindustrializzazione che attraversa l 'apparato produttivo regionale. Eppure tale processo non appare affatto generalizzato: esso è infatti ascrivibile a precise componenti del mix produttivo e dimensionale dell 'industria manifatturiera umbra, ed in particolare ad alcuni "punti di debolezza" che già varie analisi avevano evidenziato fin dagli anni in cui emergeva un apparente livello di sviluppo e di dinamicità, che l 'evoluzione successiva dimostrerà non fondato su basi realmente solide.

Le analisi effettuate a livello di comparti produttivi hanno evidenziato in effetti un quadro cosi sintetizzabile:

-il comparto Moda rivela una pesante crisi generalizzata al suo interno in tutte le varie classi di ampiezza e tradottasi in un calo occupazionale notevole (-30% nel quinquennio considerato) tale da pesare in modo determinante (per oltre il 60%) sul decremento registrato dall 'universo manifatturiero regionale;

-continua il ridimensionamento occupazionale delle grandi industrie di base del ternano: la Metallurgia (-22%) e, seppure con un 'intensità minore, la Chimica (-12,7%);
- un altro settore in consistente regresso è l 'Alimentare (-10,5%) ma solo nella sua componente di dimensioni maggiori;
- tutti i restanti settori considerati esprimono una sostanziale tenuta (dal -5% del Legno-Mobili al+2% dei Minerali non metalliferi) derivante da un andamento generalmente contrapposto delle aziende maggiori in calo e di quelle minori in aumento.

Il peso di Moda, Metallurgia e Chimica si è ridotto ormai al 38%, in termini di addetti, sul totale manifatturiero regionale (era del 45% nel 1983). Se la dinamica del periodo considerato venisse effettuata al netto di esse, il risultato per l 'industria manifatturiera regionale si limiterebbe ad un "accettabile" -0,7% annuo (in luogo del -2,8). Al netto della sola Moda il decremento medio annuo sarebbe pur sempre contenuto: -1.37%.

Le variazioni intervenute nella consistenza occupazionale delle varie classi dimensionali di impianto sembrano evidenziare anch 'esse una precisa caratterizzazione: sono le imprese più grandi (quelle con oltre 500 addetti) a denotare il calo di gran lunga più elevato (-35%) che costituisce da solo ben il 58,4% dell 'intero calo occupazionale registratosi nel periodo. Anche le medie imprese (tra i 101 e i 500 addetti) hanno subito in generale una consistente riduzione.

Si conferma in tale modo il trend degli anni Ottanta che vede un progressivo ridimensionamento delle imprese con oltre 100 addetti e quindi una sempre maggiore caratterizzazione dell 'apparato manifatturiero regionale verso le dimensioni più piccole; le aziende da 6 a 100 addetti che nel 1980 costituivano il 46,7% dell 'occupazione complessiva, sono giunte a pesare, nel 1992, per ben il 61,2%.

Ne risulta quindi un quadro piuttosto preciso degli andamenti per classi dimensionali. Da una lato si evidenzia la situazione di maggiore difficoltà espressa dalle imprese di più ampia dimensione che riguarda non solo le grandi, ma anche le medie, dove sono ampiamente diffusi i fenomeni di calo occupazionale consistente oltre che di cessazione: cosicché nell 'insieme l 'andamento delle aziende con oltre 100 addetti si manifesta come determinante del calo occupazionale complessivo, contribuendovi per oltre i 3/4 (76,2%). Per contro la distribuzione delle dinamiche delle imprese minori appare più articolata, prevalendo al loro interno le situazioni di tenuta o sviluppo (sebbene con un 'intensità minore al crescere delle dimensioni) rispetto a quelle di crisi.

Quanto alla dinamica per zone territoriali, il pesante calo del comparto Moda, concentrato, come é noto, nella provincia di Perugia, determina per la prima volta dopo molti anni il verificarsi di un andamento peggiore diquesta provincia rispetto a quella di Terni. anche se il divario tra i due tassi di variazione nel periodo non è poi di grande rilievo: -13,6% Perugia e -12% Terni. Comunque ciò fa in modo che il calo di Perugia pesi per 3/4 sul decremento complessivo regionale.
  L'analisi per comprensori mette in evidenza a sua volta l'elevata concentrazione della stessa perdita regionale totale nel comprensorio Perugino che da solo vi contribuisce per il 45,2% (che diventa il 60,1% se rapportato al calo totale provinciale).
Rispetto alla variazione media regionale il comprensorio Perugino presenta il maggior decremento con il -25.4%,seguito dalla Media Valle del Tevere (-21.58), dal Ternano e dall'Alta Valle del Tevere (-11,2% entrambi). Rilevanti, ma al di sotto della media, le perdite dellìEugubino-Gualdese e del Trasimeno-Pievese (poco sopra il 10% in meno). Di una certa consistenza anche quelle dell'Orvietano (8,5%), del Narnese-Amerino (-6,6%) e della valnerina-Nursino (-5,3%). In sostanziale tenuta invece le zone dello Spoletino (-2,1%) e in particolare del Folignate (-0,8%).

Unico comprensorio in crescita e anche di rilievo (+5,7%) quello della Valle Umbra Nord che giunge a costituire così un peso del 10% circa sul totale regionale.

L'analisi per sottosettori di attività produttive contribuisce ad arricchire e a calibrare meglio il giudizio sulle molteplici dinamiche che stanno caratterizzando l'industria manifatturiera regionale, dove i problemi strutturali amplificati dalla crisi congiunturale tendono ad offuscare e a far passare in secondo piano aspetti pur consistenti di dinamicità e di sviluppo.
In particolare si possono evidenziare le seguenti attività in crescita occupazionale pur in una fase già di involuzione congiunturale:

-nella stessa Moda la Finitura e Rifinitura di Tessili e Vestiario presenta un incremento di addetti pari al 13% dovuto soprattutto alle imprese piccolissime e così la
Biancheria per la casa (+11,5%);

-nella Chimica si registra il buon andamento delle varie attività di Chimica secondaria: così la Farmaceutica che registra un +19,5%, i Prodotti chimici ad uso non industriale (+9,6%) e quelli ad uso industriale e agricolo (+5,6%), tutte attività basate sulla piccola impresa;

-nell'Alimentare e Tabacco oltre 2/3 della perdita del comparto va imputata alla grande azienda dolciaria in esso presente. Al netto di questo andamento la stessa attività dolciaria (biscotti, pasticceria)risulterebbe in consistente sviluppo con le aziende piccolissime alquanto dinamiche e le medie imprese in buona tenuta. Un quadro simile di comportamento si ritrova nel sottosettore dell'industria Molitoria-Pastaria-Panificazione (+4,2%). Positivi anche gli andamenti di due sottosettori
Di un certo peso. l'Idrominerale (+17,1%) e la Mangimistica (42,4%) grazie questa volta ad un deciso sviluppo delle aziende con oltre 100 addetti;

-nell'industria Meccanica, con consistente dinamica positiva risulta anzitutto la Elettromeccanica-Elettronica che vede accrescersi di ben un terzo (per 600 addetti) la propria base occupazionale. In notevole incremento, inoltre, sono le Fonderie di seconda fusione, le Trasmissioni e Impianti di sollevamento e trasporto, l'Aeronautica (+24,3%) e la Meccanica di Precisione (+7,9%);

-nella Carta e Grafica in aumento sono le Arti Grafiche (+7%) dove risultano particolarmente dinamiche le unità produttive di più piccola dimensione;

-nel settore della Lavorazione dei Minerali non metalliferi, quello che ha fatto registrare l'incremento occupa-zionale relativamente più elevato (+2%), da un lato la Ceramica vede ridursi la propria base occupazionale del 7,9% soprattutto per la dinamica negativa delle imprese maggiori, dall'altro i Manufatti in cemento presentano una variazione in positivo derivante da un calo prevalen¬te nelle medie aziende più che compensato dallo sviluppo caratterizzante tutta la piccola impresa. Altri due sottosettori di un certo peso sono in incremento per un +7%: il Cemento e i Laterizi, con andamenti sostanzialmente buoni in tutte le classi dimensionali. Più sostenuto ancora è l'aumento denotato dalle Lavorazioni del Vetro (+22,4%) e dalle Prime lavorazioni di materiali di cava (+28,9%).

Tutti questi andamenti positivi vanno indubbiamente verificati e meglio giudicati alla luce del protrarsi della congiuntura negativa negli anni 1992 e 1993 che probabilmente ne avrà ridimensionato, se non annullato, la crescita. L'impatto del ciclo sfavorevole, con il conseguente aggravamento generale della situazione dell'apparato industriale regionale espressa da vari indicatori di andamento congiunturale, non deve peraltro far sminuire di rilievo l'ottica delle tendenze strutturali, di più stretta e pregnante competenza e interesse per le politiche regionali da attuarsi al riguardo.

Dalla rilevazione sono infine emersi ulteriori aspetti di interesse che non depongono certo a favore di un migliora-mento qualitativo della struttura produttiva umbra:

-aumenta, nell'universo considerato, la già elevata quota delle lavorazioni per conto, terzi che giunge ad interessare ormai quasi il 60% delle imprese, su ciò influendo lo stesso andamento congiunturale negativo che può aver spinto molte imprese a rivolgersi anche a tale tipo di lavorazioni. Si intensifica in ogni caso il grado di “dipendenza” del sistema industriale della regione;

-resta praticamente invariata invece la quota di imprese esportatrici: attualmente sono circa 500, il 23,8% dell'universo considerato. Si tratta di una quota comunque bassa, indicativa del permanere di un ridotto grado di internazionalizzazione dell'industria manifatturiera regionale.
 

1989. La ricerca del Cles sulla reindustrializzazione a Terni


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