Giancarlo Sacconi

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Il saldo occupazionale

L’impressionante propaganda regionale locale negli anni '80 sulla crisi economica e occupazionale umbra, fatta risalire alla politica del Governo Craxi, protrattasi per anni e basata su dati che venivano poi manipolati nelle presentazioni e nei commenti, fu platealmente sconfessata dalla ricerca Crel commissionata dalla Regione stessa, e perciò al di sopra di ogni sospetto, nella certezza di vedere confermate le ipotesi regionali e trarne così un utile politico.
La posizione socialista, da me rappresentata in qualità di Responsabile economico regionale e Presidente di Sviluppumbria, aveva una visione opposta, ed era già qualche anno che la polemica si trascinava con dichiarazioni contrastanti tra i due partiti al governo della Regione.
Così, non si era ancora sciolto l 'incontro pubblico della presentazione del lavoro Crel, che ebbi modo di raccontare al TG3 locale, in una intervista praticamente in diretta,  i risultati positivi di quella ricerca che confermava la posizione socialista, contestando le ormai tradizionali uscite allarmistiche dello stesso Presidente della Regione sulla crisi economica umbra.
L’incolpevole ricercatore, al termine della presentazione, fu clamorosamente e pubblicamente redarguito da un funzionario regionale del Piano, per avere presentato dati inutilmente ottimistici.
Naturalmente non passò molto tempo perché quella realtà così descritta trovasse conferme anche tra gli industriali, prima reticenti.
Innanzitutto, a partire dai livelli produttivi dell 'industria ternana, che dopo una forte contrazione concentrata nel periodo 1981-83, si presentavano in costante risalita, con un valore aggiunto industriale a prezzi costanti che si era riportato nel 1988 sui livelli ottimi dell 'inizio del decennio. Questo implicava, dati gli andamenti dell 'occupazione, una rilevantissima crescita della produttività dell 'industria ternana, che aumentava (considerando l 'occupazione al netto dei _dipendenti in CIG) ad un tasso medio annuo significativamente superiore a quello - pur elevato - dell 'industria nazionale: 4,6% contro 3,7%.
La crisi occupazionale restituì quindi alla città un apparato produttivo più vitale e le ristrutturazioni non sembrarono esser state ininfluenti rispetto al recupero di capacità competitive.
Gli effetti della superata crisi occupazionale sul tenore di vita urbano erano, peraltro, stati stati mediati dai meccanismi istituzionali di ammortizzazione: la dinamica dei redditi e dei consumi ternani, negativa fino al 1983 e positiva negli anni successivi, risultò inferiore a quella media regionale e nazionale, ma con uno scarto più modesto di quello mostrato dalle dinamiche occupazionali.
  Gli stessi effetti sul mercato del lavoro erano stati in parte frenati da una modesta dinamica demografica e dall 'evoluzione negativa dei tassi di partecipazione all 'offerta di lavoro, calati di circa due punti in sette anni in conseguenza della riduzione dell 'attività maschile in tutte le classi d 'età e dell 'attività femminile nelle età centrali. Il tasso di disoccupazione, cresciuto fino a quasi il 18%, era influenzato quasi del tutto dalle fasce di lavoratori espulsi dalla grande industria in seguito alla ristrutturazione, ma comparivano anche le nuove leve in ingresso sul mercato del lavoro.
Le tendenze spontanee del mercato del lavoro indicavano perciò una situazione per alcuni versi contraddittoria. La bassa dinamica demografica e la flessione dell 'attività maschile frenavano la crescita delle forze di lavoro, e peraltro sembravano connesse a fenomeni di estensione dell 'area di lavoro sommerso, che mostravano a Terni incidenze superiori a molte altre zone d 'Italia. D 'altra parte un persistente eccesso di offerta era sostenuto - oltre che dalla contrazione della base occupazionale - dalla crescita dei tassi di attività giovanili, soprattutto femminili. L 'offerta di lavoro femminile in eccesso aveva finora trovato spazio soprattutto nel settore terziario, dove l 'occupazione ternana si presentava più fortemente femminilizzata rispetto alle medie regionali e nazionali. Anche questo era un effetto, di lungo periodo, della `monocultura ' produttiva della grande industria di base: il tasso di attività femminile era più basso a Terni che nelle aree territoriali caratterizzate da processi di industrializzazione diffusa, e però velocemente in crescita soprattutto nelle classi giovanili; l 'occupazione femminile, soprattutto nelle fasce d 'età centrali, trova poco spazio nell 'industria e tendeva a concentrarsi in settori a minore dinamica della produttività e in aree più marginali rispetto a quelle primarie del mercato e della produzione, anche per effetto della limitata localizzazione ternana delle aree di terziario a più elevato contenuto di capitale umano.