Giancarlo Sacconi

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Il quadro economico di riferimento

La situazione a metà degli anni ottanta.

Sviluppumbria fu chiamata dunque ad adeguare la propria attività ad un mutato contesto economico.
Il periodo, vogliamo ricordarlo, seguiva un decennio di crisi economica profonda a livello mondiale.
Molte esperienze avviate alla fine degli anni ‘70 e all’inizio degli anni ‘80 facevano riferimento ad una situazione economica totalmente diversa da quella che si viveva a metà degli anni ‘80 (anche se quasi tutti i dati strutturali sembravano essere quelli di allora), e tra queste esperienze quella della Finanziaria regionale, appunto.
E’ questa una riflessione da fare, perché molte volte noi stessi rischiamo di farci prendere da una sorta di grossa tensione autocritica e alla fine cerchiamo sempre di vedere perché le cose non hanno funzionato dal di dentro, dimenticando che probabilmente siamo giunti a definire un modello di intervento in una fase in cui il mondo è cambiato.
La crescita umbra era avvenuta sulla base di alcune situazioni che si ritenevano abbastanza chiare.
Un vantaggio era la numerosità di piccole e medie imprese, familiari, specializzate, magari agglomerate per distretti.
Infatti, i punti di forza del sistema locale umbro erano sempre stati:
- la proprietà familiare della media e della piccola impresa;
- lo sviluppo incrementale;
- la specializzazione della produzione.
Dall’altra parte c’era la presenza di almeno due grandi imprese (Buitoni - Nestlè e Soc. Terni), che restavano potenzialmente di livello europeo e mondiale, nonostante che avessero attraversato ambedue una situazione complicatissima.
Bisogna ritenere perciò che il modello, se volete molto semplificato, di impresa familiare fosse il modello vincente, e comunque, a ben vedere, non si poteva fare altro che scommettere su questo modello della piccola e media impresa.
 
Ma questi punti di forza, in vista degli anni ‘90 mostravano segni di possibile fragilità.
 
Il processo di ristrutturazione portato avanti nei primi anni ‘80 fu realizzato dalle imprese con determinazione e alla fine con successo, ma non portò a delle sostanziali novità, cioè continuammo ad essere forti nei settori in cui eravamo forti e deboli nei settori in cui eravamo deboli.
In quegli anni, infatti, il sistema delle piccole e medie imprese ha avuto come linea strategica più o meno esplicita, o esplicitata, quella di ridurre al massimo i costi di produzione, quindi di migliorare la competitività di prezzo, dall’altra, di crescere nella segmentazione, aumentando la qualità, ma chiamando per qualità le caratteristiche proprie di quel prodotto, quindi ad esempio l’affidabilità o la cura tecnica della formulazione del prodotto.
Tutto questo, però, continuando a permanere nel prodotto preesistente, continuando a permanere nei mercati preesistenti, continuando a rimanere sostanzialmente nella specificazione di nicchie preesistenti.
  Queste considerazioni sono confermate dai dati sull’export, dove si continuava sostanzialmente ad avere la parte principale della produzione concentrata nei vecchi mercati, esattamente la parte centrale europea e alcuni altri mercati già consolidati.
In nuovi mercati la quantità di produttori che andavano una volta e poi non tornavano la seconda era predominante.
 
Noi ci trovammo, cioè, in una realtà in cui anche la situazione delle imprese umbre andava comunque collocata in una situazione di fortissimi cambiamenti, in cui molti degli elementi che erano stati punti di forza del sistema locale e del sistema italiano (la proprietà familiare, lo sviluppo incrementale, la specializzazione della produzione) potevano diventare elementi di fragilità.
 Quella situazione non è cambiata di molto a tutt’oggi.
 Viviamo, infatti, un momento in cui, dal punto di vista istituzionale, stanno cambiando molte cose.
L’ingresso in Europa che a prima vista poco aveva cambiato le cose, nella realtà sta incidendo notevolmente nella struttura economica del paese.
 La struttura bancaria sta cambiando., stanno cambiando una serie di riferimenti importanti, per cui ad esempio non si può più parlare di internazionalizzazione, limitata ad problema, e al sostegno all’export dei prodotti finiti, ma l’internazionalizzazione è sempre più un intreccio fra imprese.
 Siamo in una situazione in cui anche i temi istituzionali del nostro ordinamento stanno cambiando.
 
La città di Terni e l 'intera conca ternana meritano una annotazione a parte.

La crisi della grande industria ebbe qui conseguenze disastrose. Fra il 1981 e il 1988 più di 8.600 posti di lavoro furono perduti dall 'industria nell 'intera provincia, di cui 4.500 nella città capoluogo.
Alla perdita occupazionale delle grandi imprese si  associò una contrazione di circa 3.000 addetti anche nella piccola e media industria (soprattutto in quella collegata all 'indotto della grande) e nell 'edilizia.
La Cassa Integrazione Guadagni interessò circa 2.000 occupati-anno nell 'intera provincia (media del periodo 1981-86) e ancora nel 1988 coinvolse più di 1.000 unità produttive.

Nel complesso, quasi un terzo della base occupazionale industriale andò perduta in meno di un decennio.

L 'espansione occupazionale del terziario (+1.700 unità) non controbilanciò le dinamiche impresse sul mercato del lavoro dalla crisi industriale. L 'occupazione terziaria era aumentata dell '1,2% l 'anno, un tasso sensibilmente inferiore sia a quello nazionale sia a quello umbro, a fronte di riduzioni dei 5% l 'anno dell 'occupazione industriale.
 

Dalla relazione al Programma di attività 1993.

Le note vicende che hanno caratterizzato la congiuntura economica nazionale ed internazionale negli ultimi mesi (settembre ed ottobre '92,) hanno portato i principali centri di previsioni economiche europei -non ultimo quello dell 'OCSE- a rivedere al ribasso per la fine del 1992 gli indicatori economici di base.

Quest 'anno, secondo queste attendibili previsioni, si chiuderà per i Paesi industrializzati con un incremento medio del Prodotto Interno Lordo dell '1,5%, a fronte di stime che, ancora nel luglio, facevano segnare incrementi dell 'ordine del 2,5/2,9%.

Ciò non potrà consentire una partenza rapida delle e¬conomie-guida all 'inizio del 1993 che risentirà ancora del procedere lento delle tre 'locomotive ' costituite da USA, Giappone e Germania.

Le previsioni relative a tutto l 'arco del 1993 sono per altro improntate a segnali positivi di ripresa sia nelle proiezioni sia dell 'OCSE che in quelle del Fondo Monetario internazionale.

Per queste fonti nel prossimo anno il PIL avrà un incremento dell 'ordine del 3,5% negli USA ed in Giappone, in Germania ed nel Regno Unito la crescita si attesterà sul 2,8/3%, in Francia sul 2,6%.

L 'inflazione, sempre nel '93, segnerà una media nei Paesi industrializzati del 3,3%, con limature anche significative dei valori con cui dovrebbe chiudere il 1992 - 3,6%-, e con recuperi consistenti sul 1991 -4,5%-.

In Italia molte delle prospettive economiche per l 'anno venturo restano legate, nelle previsioni internazionali, agli esiti della manovra da 90.000 miliardi del Governo attuale.

Il profilo congiunturale dell 'anno che si chiude risulta infatti caratterizzato da un rimbalzo dell 'attività produttiva nel primo trimestre, che si é progressivamente esaurito nella primavera e nell 'estate. La domanda interna é rimasta sostenuta ma é aumentata nel contempo la quota soddisfatta da produttori stranieri, e si sono evidenziate così le conseguenze pratiche delle perdite di competitività generale del sistema sempre più spesso segnalate.

Sul fronte dell 'inflazione l 'accordo sul costo del lavoro dello scorso luglio ha posto le basi per un contenimento dei costi che sembra adeguato alle esigenze di recupero delle imprese.

L 'inflazione al consumo si muove in discesa, attestandosi, pero ', ancora su valori superiori al 5%.

L 'ultima indagine Mediobanca sulle condizioni finanziarie delle imprese, evidenzia dal canto suo un deterioramento nei conti economici delle aziende con un decremento della redditività industriale ed un aumento degli oneri finanziari.
  Le decisioni della Banca d 'Italia sui tassi, pur legate alle vicende della lira prima nello SME e poi nella sua ombra, non hanno certo -in questo quadro- aumentato la propensione all 'investimento.

Il quadro della finanza pubblica nel 1993 é anch 'esso legato alle conseguenze che la manovra in corso potrà ' determinare.L 'obbiettivo di un surplus primario nell 'anno prossimo potrebbe infatti diventare raggiungibile come effetto di questa linea di severità.

Intanto le nuove ragioni di scambio con le monete-guida non mancheranno di ridare slancio alle nostre esportazioni che, secondo molti indicatori tra cui il Centro Studi del Sole 24 Ore, potrebbero nel '93 diventare l 'elemento catalizzatore degli altri fattori di sviluppo.

La struttura produttiva regionale ha vissuto tutte le conseguenze ed i riflessi delle vicende economiche fin qui richiamate.

Esse hanno per altro evidenziato, negli ultimi mesi, nuovi squilibri ed alcune difficoltà già in altre occasioni sottolineate e legate a motivazioni in gran parte note ma che vogliamo qui ancora richiamare.

* La sottocapitalizzazione di molte delle piccole e medie imprese regionali, che le rende rapidamente attaccabili da parte dei fenomeni congiunturali negativi, rendendole al tempo stesso non facilmente permeabili ai processi d 'innovazione ed alle politiche d 'introduzione dei fattori di 'qualità '.

* La in parte correlata difficoltà della PMI locale di accrescere la propria competitività sul mercato nazionale e, ancor di più, internazionale.

* La crescente distanza tra aziende che, all 'interno del sistema produttivo regionale, consolidano la propria posizione produttiva e commerciale a fronte di altre che vedono accrescere la loro posizione di dipendenza (il fenomeno ben noto del terzismo).

* Alcuni vistosi ed in gran parte inattesi processi di destrutturazione del sistema produttivo regionale, legati alle crisi di imprese del peso di SICEL, SAI, EMU, FIAS.

A questi elementi si aggiungono gli squilibri strutturali del 'Sistema Umbria ' raffigurabili in aree quali il Ternano-Narnese-Spoletino e le zone montane di alcuni comprensori (in particolare la Valnerina).

A fronte di questa analisi l 'attività legislativa recente -nazionale e regionale- ed il Piano Regionale di Sviluppo 92/95, in discussione serrata in queste settimane, stanno tracciando articolate linee di intervento destinate a dare nuove possibilità di crescita alle piccole e medie imprese.