Le imprese familiari
La struttura familiare delle imprese.
La struttura familiare delle imprese umbre era una delle
ragioni, tra le altre, che giustificarono la costituzione di
una Finanziaria regionale. Ma era questo un dato che andava al di là della territorialità e della stessa dimensione aziendale. Era semplicemente la peculiarità del capitalismo italiano di quegli anni. La struttura ipersemplificata, in particolare nel caso di nuove imprese di prima e seconda generazione, portava ad una straordinaria rapidità di azione legata alla straordinaria semplificazione della struttura di comando. Il padrone era proprietario del capitale e anche proprietario della gestione. Certo, in molti settori questa era ormai diventata una trappola infernale, perché, passando dalla prima alla seconda e anche alla terza generazione, di fatto i problemi delle famiglie tendevano a sovrapporsi ai problemi dell’impresa. Abbiamo avuto delle imprese splendide che sono state vendute a prezzi che si ritenevano altissimi, ma che in realtà erano bassi, perché giunti al dunque, quando un’impresa cresce, è molto più facile liquidarla, anche a caro prezzo, che non mobilizzarla. È cioè molto più semplice tradurre un’impresa in un prezzo da ripartire poi tra i figli o i parenti, piuttosto che non trasformarla in società per azioni, in cui la proprietà sia distinta dalla gestione. Oggi più che mai i problemi di crescita sono tornati ad essere rilevanti, e così sarà ancora nel prossimo futuro. E allora le imprese dovranno decidere, come molte hanno già dovuto fare, se vendere o diventare più grandi. Il problema è incentrato su come gestire l’aumento di capitale, facendo capire a questi imprenditori a struttura familiare che si può anche essere proprietari solo di una quota o di una parte del capitale, ma questo non equivale a vendere una pezzo della famiglia, è solo un fatto di ordinaria vita dell’impresa. Questo è un punto fondamentale, perché è ormai necessario, anzi siamo già fuori tempo massimo per molte imprese, decidere il modo di crescere. Ma il vincolo che è legato alla struttura patrimoniale e quindi al comando troppo ristretto, è un grandissimo problema, perché può indurre i nostri imprenditori a fare una scelta di non crescita. Su questo argomento ci sono già purtroppo tantissimi esempi. È per questo che le associazioni imprenditoriali devono rafforzare il loro ruolo e la loro funzione culturale e strategica fondamentale, cercando di costruire una cultura di impresa, non solo di imprenditori. Abbiamo ormai una banca dati su fusioni ed acquisizioni, recenti e meno recenti, dove troviamo imprese a piccola e media dimensione straordinarie, ma da cui emerge che il problema principale è stato proprio quello della crescita, a causa di questa difficoltà del cambiamento nell’organizzazione interna, nel cambiamento nella struttura di comando, nel cambiamento della struttura del capitale. Tra l’altro, queste nostre imprese hanno generalmente una struttura gestionale interna che è ridotta al massimo, perché c’è generalmente un proprietario, o facente funzione di proprietario, che delega con molta fatica. E generalmente delega delle funzioni più o meno stilizzabili. Prima delega l’amministrazione, poi delega altre varie funzioni. |
Tra
l’altro, queste nostre imprese hanno generalmente una
struttura gestionale interna che è ridotta al massimo,
perché c’è generalmente un proprietario, o facente funzione
di proprietario, che delega con molta fatica. E generalmente
delega delle funzioni più o meno stilizzabili. Prima delega
l’amministrazione, poi delega altre varie funzioni. Poi c’è un capo officina, o qualcuno che fa le funzioni del capo officina. Questo in genere è il pezzo da 90 dell’azienda, quello che garantisce la stabilità dei prodotti. Manca, però, tutto il ventaglio di specializzazioni funzionali, prima e dopo la produzione, prima e dopo la proprietà, che sono quelle che stabilizzano il comando. Poi sorgono altri due problemi. • il problema della finanza e quindi il problema della banca • e, in secondo luogo, il problema dell’innovazione e quindi della compra-vendita dei beni. È chiaro che su questo andiamo ad intralciare problemi che non sono solo dell’imprenditore. Andiamo ad intralciare i problemi di questo paese che ha avuto per anni una struttura bancaria che definire “rigida” era un eufemismo. E non basta dichiararsi oggi soddisfatti di questa anomalia, solo perché le nostre banche reggono meglio all’impatto della crisi finanziaria mondiale. Le direttive comunitarie in materia di mobilità di capitali hanno introdotto dei cambiamenti. È interessante notare come fino a 1989 noi avevamo un ciclo di dispersione con un livello di accumulazione dei profitti in Italia che era il più altro d’Europa. A quel tempo, comunque, i rendimenti delle imprese industriali in Italia era mediamente doppio di quelli che erano in Germania. Ma dalla fine del 1989 il ciclo si è invertito e tutto è diventato più difficile. Teniamo anche conto che l’alto debito pubblico sfalsava (come oggi sempre più) tutti i valori di rendimento. Diventava difficile fare il riferimento ai rendimenti medi in Italia rispetto ai rendimenti medi in Germania, in Italia erano molto alti. Infatti se valutiamo i rendimenti dell’industria rispetto al rendimento dei BOT, questo sfalsa tutto. La situazione era molto complicata e si è complicata di più oggi con la crisi finanziaria mondiale . Ma le nostre imprese devono essere messe in condizione di potersi avvantaggiare di tutte le varietà possibili di strumentazioni finanziarie sia a livello nazionale che a livello europeo, le sole in grado di promuovere la crescita. Queste strumentazioni riguardano, ad esempio, la possibilità di avere dei soci di minoranza di carattere parabancario, la cui funzione non è soltanto quella di portare un po’ più di soldi, ma quella di mettere le imprese in condizione di essere presentabili a livello internazionale. Questo è un altro tema che generalmente viene sottostimato: il fatto di avere un socio di minoranza che sia a metà italiano e internazionale, non è il fatto di avere dei capitali in più, ma è importante perché assicura la presenza di un socio che obbliga a ragionare oltre i confini abituali, e quindi ad essere anche in grado di produrre documentazioni a livello internazionale. Questo è un punto che non è da poco. Generalmente le nostre imprese non sono rappresentate a livello internazionale, perché hanno una capacità di presentare documentazione che è risibile. |