Da sempre l’uomo è oggetto di grande
attenzione e profonda curiosità, ma in particolare nel corso
di quel periodo storico chiamato appunto Umanesimo.
L 'uomo nel Medioevo.
Gli umanisti affermarono una concezione dell'uomo diversa da
quella del secolo precedente.
Il Medioevo vedeva un mondo di tipo teocentrico: Dio era
posto al centro dell’Universo come motore di tutta la realtà
ed autore della storia, che era vista come un progetto del
suo disegno provvidenziale.
L’uomo era concepito invece come una creatura fragile ed
effimera, continuamente tormentata dalle miserie del corpo;
la sua vita terrena era solo un transito temporaneo e la sua
vera patria era il cielo, a cui doveva tendere per
raggiungere la pace e la beatitudine.
La riscoperta dei testi greci e latini.
Gli umanisti si proposero di superare la cultura medievale,
con il recupero degli autori della latinità, dei valori e
degli ideali che essi rappresentavano, riscoperti però senza
la mediazione culturale cristiana della tomistica, perciò
anteriori a San Tommaso e alla filosofia scolastica, che
aveva dominato la cultura dei secoli precedenti. Il sogno
degli umanisti era quello di far rivivere i fasti della
latinità e della letteratura greca.
La cultura umanista
La laicità rimane la cifra del lavoro degli umanisti, con il
recupero dell’uomo e della sua libertà, l’uomo in quanto
tale e non l 'uomo subordinato a Dio. Qualcosa che ha un
valore di per sé e quindi la riscoperta della storia, il cui
protagonista è però l’uomo e non Dio.
I medievali avevano scelto tra gli autori latini quelli che
erano più vicini alla loro sensibilità, come Virgilio e
Seneca, mentre i punti di riferimenti degli umanisti furono
Cicerone e Quintiliano, depositari della
cultura
enciclopedica dell 'uomo di lettere, tutta basata su
letteratura ed eloquenza oratoria. La
conoscenza autentica
del passato, che può dare ancora degli insegnamenti,
alimenta la coscienza dell’evoluzione.
E poi la riscoperta della natura, non più strumento per
elevarsi al mondo trascendente, ma studiata secondo le sue
leggi, per consentirne il controllo da parte dell 'uomo. La
scienza della natura nasce dagli umanisti, come anche la
“prospettiva in pittura” (Brunelleschi, Masaccio, Donatello
e altri) e soprattutto lo straordinario fiorire di opere
letterarie.
Gli umanisti sono soprattutto
filologi, quindi amanti della
parola. Bisogna approfondire la conoscenza della parola, per
giungere ad una formulazione critica, cioè stabilire quale
doveva essere la formulazione originale di quell’opera.
E ancora il recupero dell 'architettura classica, ovvero la
riscoperta dello spirito autentico sulla base di quello che
rimane. Emblematico è il passeggiare di Poggio Bracciolini
tra le rovine del foro Romano, e Machiavelli che riscopre i
lavori di Tito Livio, sulla cui traccia, fonda lo studio
della storia della sua epoca.
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Si leggono i classici non soltanto per una forma di gusto
letterario, ma anche per mettere in pratica i loro
insegnamenti. Questi modelli rappresentano una forza
propulsiva, che fa esplodere un vero e proprio entusiasmo
per la ricerca.
Nell’Umanesimo si afferma una visione ottimistica
dell’uomo, dal momento che egli appare sicuro e ricco di
forze, capace di contrastare il gioco capriccioso della
fortuna con la propria energia ed intelligenza e di
costruirsi il proprio destino. Per questo uno dei temi
prediletti dalla cultura quattrocentesca è proprio
l’esaltazione della dignità dell’uomo. Come l’uomo domina la
realtà esterna, così può dominare se stesso: non si scorge
più opposizione tra facoltà spirituali e corpo, ma la
possibilità di un armonico equilibrio, che esalta le facoltà
dell’uomo e permette una realizzazione più compiuta delle
potenzialità insite nella sua essenza.
Questo equilibrio nasce anche da una facoltà di controllare
razionalmente impulsi ed istinti, realizzando un’ideale
misura di dominio del proprio comportamento.
Fondamentale in questo ambito è ricordare che il nucleo
dell’antropologia umanistica risiede nella celebre
affermazione attinta dal mondo classico secondo cui: homo
faber ipsius fortunae, mediante la quale gli scrittori
del Rinascimento intendevano dire che la prerogativa
specifica dell’uomo, vale a dire la sua particolarità nei
confronti degli altri esseri, risiede nel forgiare se
medesimo ed il proprio destino nel mondo.
I valori degli umanisti.
Secondo gli umanisti tutti devono interessarsi alla politica e alla gestione
della cosa pubblica, tutti devono applicarsi alla
conoscenza, tutti devono darsi da fare per la conquista
della felicità, che non può essere affidata ad uno solo, il
monarca, come pensava Dante, ma deve dipendere dall’apporto
di tutti. (Leonardo Bruni).
Il valore della vita attiva è contrapposto all’inerzia e
inutilità della vita contemplativa (la
polemica
anti-ascetica di Coluccio Salutati). L’uomo deve occuparsi
di tutti nella società, piuttosto che segregarsi a meditare
in proprio.
Viene esaltata la cultura, la curiosità, l’edonismo. C’è il
riconoscimento del valore del denaro e della ricchezza,
l 'amicizia è interpretata come strumento di coesione
sociale. E infine l 'elogio dei
piaceri terreni quali
componenti irrinunciabili di una vita non dimezzata tra
corpo e anima, ma vissuta integralmente.
La propria felicità
da ricercare non nei conventi ma nella propria saldezza e
serenità interiore, nell’autonomia, nella
libertà
spirituale, e senza lasciarsi coinvolgere dal potere
politico. (Leon Battista Alberti).
Ma questa ritrovata fiducia nelle capacità di
autodeterminazione porta gli umanisti a considerare l 'uomo
superiore ad ogni altra espressione della natura e così
nasce il concetto di un uomo al centro dell 'universo, che
nei secoli successivi troverà una migliore sistemazione
filosofica
e concettuale.
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