Giancarlo Sacconi

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Coraggio

“Il coraggio, uno non se lo può dare”.
La celebre frase di Manzoni che racconta di un Don Abbondio, che si sente invadere dallo sgomento alla vista dei bravi di Don Rodrigo, ha dato luogo ad uno stereotipo sicuramente attendibile e diffuso, ma che descrive uno stato d’animo forse più come istinto che come modo di essere. Nel senso che un istante di debolezza non sempre è sufficiente a determinare un comportamento.
Il coraggio non è istinto, ma conquista. L’istinto è una reazione alla paura che ci fa credere di essere preda di qualcosa o qualcuno.
Dopo un gesto coraggioso, specie se non si credeva di esserne capaci, si prova una sensazione di profonda serenità, simile all'allegria.
Il coraggio è il più indubitabile test sulla personalità.

Coraggio fisico e coraggio morale non sempre si accompagnano, come si sarebbe tentati di credere. C'è chi è capace di sottoporsi a un'operazione senza anestesia, e poi non ha il coraggio di chiedere un aumento di stipendio, o chi non esita ad inseguire un delinquente, ma non sa affrontare una prova d'esame.
Solo raramente le due qualità si riuniscono: quando, ad esempio, un innocente si offre in ostaggio per salvare delle vite o rischia la propria per non venir meno a un giuramento o a un patto. Mentre la madre che si getta nelle fiamme per salvare la sua creatura è animata soprattutto da un impeto che appartiene all'istinto.
 

Non si può affermare con certezza se si è coraggiosi oppure no. Non sappiamo mai fino a che punto saremo pavidi o impassibili, se non nell'attimo in cui l'evento si presenta.
Alla prova del fuoco è impossibile barare, perché siamo ciò che siamo in tutta la nostra debolezza.
Le manifestazioni più difficili del coraggio:
    Denunciare un sopruso, pur coscienti delle conseguenze. L'abitudine al peggio è così diffusa, da indurci a non aver visto nulla allorché si tratta di dover testimoniare, non soltanto davanti a un crimine ma anche ad un banale incidente. Perciò appare doppiamente eroica la figura di colui che riconosce in un tribunale, incurante di possibili ritorsioni, lo sconosciuto che egli ha visto con l'arma in pugno. O peggio un compagno di partito che si è messo fuori della legge.
   Ogni giorno, nelle metropoli, uomini scavalcano impassibili i corpi di altri uomini che giacciono sui marciapiedi. Davanti a un ferito giriamo la testa. Di fronte a una rissa ci allontaniamo. Nessuno separa due contendenti, e un grido di aiuto ci fa solo affrettare il passo.
   Invece il mondo è di questo coraggio che ha più bisogno, di audacie poco appariscenti ma di grandissimo esempio. Non è soltanto il male che sa contagiare le coscienze: anche un gesto temerario può indurre all'imitazione, a dimostrare che non tutto è perduto, e che battersi per una causa è ancora il segno precipuo dell'uomo. Il segno opposto e straordinario del suo istinto di conservazione.
   Persino in amore è necessario il coraggio. Il coraggio di dire che siamo stanchi e che non amiamo più. Il coraggio di dichiararci, invece di restare muti nel timore di un diniego. Oppure il coraggio contrario: di tenere insieme una famiglia che si sfascerebbe.
   Ancora una volta, infine, il coraggio della verità. L'ardire di metterci a nudo, prima di tutto con noi stessi, nella nostra miseria. Senza di che, per spericolati che si possa essere, violatori di cime o di fondali marini, paladini baldanzosi o spavaldi castigamatti, non saremo dissimili da quel terrorista che, dopo aver gettato la sua bomba e compiuta la carneficina, in carcere aveva paura dei ragni.