“Il coraggio, uno non se lo può dare”.
La celebre frase di Manzoni che racconta di un Don Abbondio,
che si sente invadere dallo sgomento alla vista dei bravi di
Don Rodrigo, ha dato luogo ad uno stereotipo
sicuramente attendibile e diffuso, ma che descrive uno stato
d’animo forse più come istinto che come modo di essere. Nel
senso che un istante di debolezza non sempre è sufficiente a
determinare un comportamento.
Il coraggio non è istinto, ma conquista. L’istinto è una
reazione alla paura che ci fa credere di essere preda di
qualcosa o qualcuno.
Dopo un gesto coraggioso, specie se non si credeva di
esserne capaci, si prova una sensazione di profonda
serenità, simile all'allegria.
Il coraggio è il più indubitabile test sulla personalità.
Coraggio fisico e coraggio morale non sempre si
accompagnano, come si sarebbe tentati di credere. C'è chi è
capace di sottoporsi a un'operazione senza anestesia, e poi
non ha il coraggio di chiedere un aumento di stipendio, o
chi non esita ad inseguire un delinquente, ma non sa
affrontare una prova d'esame.
Solo raramente le due qualità si riuniscono: quando, ad
esempio, un innocente si offre in ostaggio per salvare delle
vite o rischia la propria per non venir meno a un
giuramento o a un patto. Mentre la madre che si getta nelle
fiamme per salvare la sua creatura è animata soprattutto da
un impeto che appartiene all'istinto.
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Non si può affermare con
certezza se si è coraggiosi oppure no. Non sappiamo mai fino
a che punto saremo pavidi o impassibili, se non nell'attimo
in cui l'evento si presenta. Alla prova del fuoco è impossibile barare, perché siamo ciò
che siamo in tutta la nostra debolezza. Le manifestazioni più difficili del coraggio:
Denunciare un
sopruso, pur coscienti delle conseguenze. L'abitudine al
peggio è così diffusa, da indurci a non aver visto nulla
allorché si tratta di dover testimoniare, non soltanto
davanti a un crimine ma anche ad un banale incidente. Perciò
appare doppiamente eroica la figura di colui che riconosce
in un tribunale, incurante di possibili ritorsioni, lo
sconosciuto che egli ha visto con l'arma in pugno. O peggio
un compagno di partito che si è messo fuori della legge.
Ogni giorno,
nelle metropoli, uomini scavalcano impassibili i corpi di
altri uomini che giacciono sui marciapiedi. Davanti a un
ferito giriamo la testa. Di fronte a una rissa ci
allontaniamo. Nessuno separa due contendenti, e un grido di
aiuto ci fa solo affrettare il passo.
Invece il mondo
è di questo coraggio che ha più bisogno, di audacie poco
appariscenti ma di grandissimo esempio. Non è soltanto il
male che sa contagiare le coscienze: anche un gesto
temerario può indurre all'imitazione, a dimostrare che non
tutto è perduto, e che battersi per una causa è ancora il
segno precipuo dell'uomo. Il segno opposto e straordinario
del suo istinto di conservazione.
Persino in amore
è necessario il coraggio. Il coraggio di dire che siamo
stanchi e che non amiamo più. Il coraggio di dichiararci,
invece di restare muti nel timore di un diniego. Oppure il
coraggio contrario: di tenere insieme una famiglia che si
sfascerebbe.
Ancora una
volta, infine, il coraggio della verità. L'ardire di
metterci a nudo, prima di tutto con noi stessi, nella nostra
miseria. Senza di che, per spericolati che si possa essere,
violatori di cime o di fondali marini, paladini baldanzosi o
spavaldi castigamatti, non saremo dissimili da quel
terrorista che, dopo aver gettato la sua bomba e compiuta la
carneficina, in carcere aveva paura dei ragni.
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