Giancarlo Sacconi

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Giordano Bruno

Spiritualità laica e gnosi nel pensiero e nelle opere di Frate Giordano Bruno (1548-1600).

1-Un grande precursore.
Giordano Bruno è più spesso ricordato nel giorno della sua morte, e inevitabilmente si ripropongono gli studi sul processo, gli interrogativi sulla "regolarità" di quel processo, accentrando in quel punto, pur decisivo, tutta la sua esperienza umana e intellettuale.
Ma più interessante è porre la discussione anche su altri piani, e parlare della sua vita, della sua filosofia, delle idee straordinarie che egli ci ha consegnato, idee tanto più decisive per un giudizio su di lui, se rapportate alla cultura del suo tempo e all’ambiente religioso in cui è vissuto.
Questo porta anche a sgombrare il campo dalla critica alla Chiesa Cattolica, su cui si punta sempre l’indice a conclusione di ogni riflessione su Giordano Bruno.

Faremmo un grave torto a Giordano Bruno, definendo il suo impegno solo in chiave anticristiana, anticlericale, antipapista.
Giordano Bruno è stato certamente tutto questo, ma coltivava in se una visione riformatrice della religione cristiana e della Chiesa, nell’intima convinzione di riuscire a “correggere” il cristianesimo. Per tutta l’esistenza e fino a pochi giorni dalla morte, ancora dal carcere, cercò di “convincere” il Papa delle sue idee, affinché si realizzasse quel cambiamento che avrebbe secondo lui dato nuova linfa vitale al cristianesimo.
E non si pensi ad una forma di ingenuità. Egli era sincero in questo suo sforzo titanico.
In verità aveva quella vitalità travolgente che sentono tutti i grandi ingegni; una forza che li porta più a costruire essi stessi il mondo, piuttosto che a speculare sulla costruzione che si trovano di fronte.

Un uomo che volava altissimo. Molto al di sopra della realtà in cui viveva e anticipatore di teorie che secoli più avanti e ancora oggi trovano conferme e adesioni, anche scientifiche.
Uno spirito libero che non accettava compromissioni e che non cercava la fama, tutt’altro.
Dopo anni e anni di carcere, il suo supplizio passò inosservato in Italia, tanto che parecchi eruditi lo mettono ancora oggi in dubbio.

Né le sue opere lasciarono impronte tangibili nell’epoca in cui visse.
Anche in Europa il brunismo lasciò deboli tracce. Il progresso delle idee e delle dottrine era così grandioso, che l’opera di Giordano Bruno fu oscurata dalle tante novità.
Solo dopo un lungo lavoro di analisi riapparve la sintesi della sua opera, grazie a Jacobi e Schelling.
I due filosofi tedeschi si sentirono così vicini al pensiero del grande italiano, che ne riedificarono la statua.
Nel frattempo, erano passati due secoli e mezzo di silenzio tombale.
Giordano Bruno è stato un grande precursore.
Basta a questo proposito riflettere su quanti filosofi (e di quale levatura!) hanno frequentato il mondo indagato da Giordano Bruno, che era nato nel 1548 e morto nel 1600. Questi sono i pensatori che hanno in qualche modo avuto a che fare con le sue intuizioni.














Nicola Copernico (1473-1534)
Francis Bacon (1561-1626)
Shakespeare (1564-1616)
Cartesio (1596-1650)
Baruch Spinoza (1632-1677)
Nicolas Malebranche (1638-1715)
Friedrich Heinrich Jacobi (1743-1819)
Gottfried Leibnitz (1646-1716)
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775-1854)
G. W.Friedrich Hegel (1770-1831)

2-Frate Giordano Bruno e gli uomini nuovi
Quello che affascina in questo personaggio è la straordinaria forza del suo messaggio e della sua esperienza di “uomo nuovo” tra gli “uomini nuovi” di quell’epoca e il fatto che idee e tendenze da lui espresse compiutamente o anche solo abbozzate ebbero una decisa influenza sul progresso umano.
Giordano Bruno era un frate, ma non un frate qualunque.
Era un epoca infatti, in cui la Chiesa impegnata in una lotta contro lo scisma luterano, poneva una grande cura nel dare una preparazione teologica e culturale di altissimo livello ai suoi ministri.
Le omelie erano lo strumento per convincere i fedeli e si pretendeva dai ministri del culto rigore e argomentazione impeccabili.
I novizi erano obbligati ad impararsi a memoria tutto ciò che studiavano.
Perciò i frati di quel tempo erano macchine da guerra culturali.
Nel 1565, a poco più di 17 anni, Bruno entrò nel Convento domenicano di Nola e per 10 anni si dedicò allo studio.
Quando Bruno scapperà dal convento mandava a memoria tutta l’opera di Aristotele, capacità questa che lo rese ineguagliabile polemista e conversatore. Di fronte a lui ogni erudito aveva di che temere, perchè Bruno non era tenero e non perdonava chi sbagliava o chi barava.
Alla sua natura contemplativa e poetica dovette riuscire subito sommamente antipatico Aristotele, ed egli ne parla con odio, quasi come un nemico. L'edificio teologico – scolastico - aristotelico era stato sconquassato dagli uomini nuovi, gli uomini del Rinascimento
i Marsilio Ficino, e i Pico della Mirandola, i neo-platonici,
ma quell’edificio rimaneva ancora ben saldo nelle scuole.
Non passò molto tempo prima che nel suo animo cominciasse a formarsi uno spirito negativo e polemico. E aveva di che sdegnarsi, quando percepì che su quell’edificio culturale si era innestata una società corrotta e ipocrita. Il che gli procurò un amaro disprezzo delle istituzioni e dei costumi sociali.
Era il tempo delle persecuzioni. I migliori ingegni emigravano. Regnava l'Inquisizione.
Bruno fuggì a Ginevra, dove trovò un papa anche più intollerante (Calvino).
Fuggì a Tolosa, a Lione, a Parigi, dove ebbe qualche tregua, e pubblicò il suo primo lavoro.
Era il 1582. Aveva una trentina di anni.

3-La visione di Dio in una spiritualità laica
Lo sforzo di G. Bruno è tutto indirizzato verso il superamento dei limiti che ostacolano la ricerca della verità e della propria interiorità, e quindi combatté il pensiero di Aristotele e l’interpretazione che il clero aveva dato delle Sacre Scritture.
Niente è più drammatico della vita interiore di un grande spirito nella sua lotta
contro l'educazione del suo tempo,
• contro i maestri oziosi,
• contro i pregiudizi,

Niente è più interessante delle esitazioni, delle resistenze interiori, e imitazioni, nella storia spirituale di Bruno, fatta di sottigliezze, distinzioni, oscillazioni.

La sua grandezza è appunto quella di avere vinto la sua battaglia, quella cioè di essere riuscito a far emergere con forza le sue più intime convinzioni contro ogni avversità, ciò che gli conferisce un preciso carattere ed una propria fisionomia, pur tra tanti ondeggiamenti.
Lo scopo della sua ricerca era positivo, semplice e grandioso al contempo: egli desiderava la restaurazione del sentimento religioso e della coscienza, investigando il lato misterioso della vita.

Bruno confuta il Dio incarnato, e, al contrario del divino che si materializza, propone la materia divinizzata.
Non accetta Dio come gli è dato, né lo accetta per fede, perchè non è un credente.
Lo attrae il mistero dell'eternità della vita, la convinzione che esiste qualcosa di impenetrabile, vuole conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa. In questo senso Bruno è fra gli uomini più profondamente religiosi.
E questa religiosità lo distingue da quella dell’uomo semplice, per il quale Dio è un essere da cui ci si attende protezione e di cui si teme il castigo.
Dio vuole cercarlo e trovarlo lui, con la sua attività intellettuale, con l’occhio della mente.
Questa religiosità cosmica, privilegio dello spirito eroico, non ha nulla a che fare con la fede, o la grazia, o l'estasi, o altro che dall’esterno incanti l'anima.
Egli ne sente l'infinita presenza in se stesso e negli infiniti mondi e in ciascun essere vivente: nel massimo e nel minimo.
Non rimane astratta verità nella sua intelligenza, ma scende nella coscienza e penetra tutto l'essere, l’intelletto, la volontà, il sentimento.
L'ignoranza (Bruno la chiama asinità) è la condizione della fede: chi crede, non ha bisogno di sapere.
E allora se l’eterna felicità si acquista per fede, e non per la scienza, e non per le opere, l'ignoranza conduce alla vita eterna, e se è così l’ignoranza genera passività, ozio (lo chiama Bruno).
La verità rivelata delle religioni, infatti, trasmette una tradizione appannaggio della sola casta sacerdotale. L’uomo deve solo adeguarvisi.
Mentre la conoscenza è ricerca autonoma e razionale accessibile ad ogni uomo in quanto essere pensante, ed è inoltre contemplazione, cioè un vedere disinteressato, privo di scopi pratici, ma che produce un sapere che guida l’uomo nel suo agire.
Dalla contemplazione esce dunque l'azione: la vita non è ignoranza e ozio, anzi è «intelletto e atto mediante l’amore», secondo la formula dantesca integrata da Bruno: è intendere ed operare.
Questa visione non ci viene dal di fuori, ma ci è data dalla forza dell'intelletto e della volontà, che sono tra loro in reciprocità di azione: l'intelletto che contempla; e la volontà che, rafforzata dalla contemplazione, diviene efficace: ciò che Bruno esprime con la formula: «io voglio volere».

Dio è in noi, e possedere Dio è possedere noi stessi.
Ma Dio non si rivela se non a quelli che lo cercano e lo conquistano col lavoro della mente illuminata dall'amore eroico. Il divino non è infuso o intrinseco, ma è insito e connaturato. Cercarlo ed effettuarlo è il degno scopo della vita.
4-Bruno: una ricerca originale.
Giordano Bruno è l’archetipo dell’uomo mosso dalla sete di conoscenza, che aspira a superare la propria condizione mortale, per giungere alla verità.

Una ascesa verso la luce, per illuminare il proprio mondo interiore alla ricerca della scintilla originaria.
La sua avventura intellettuale si distingue per originalità. Egli, infatti, impegna tanto la speculazione filosofica, quanto l’afflato religioso, ma senza tralasciare viaggi verso la soglia dell’irrazionale che affascina e scuote, un mondo questo da cui Bruno si è lasciato conquistare.
Bruno aveva, è vero, facoltà poderose che si riflettevano negli studi filosofici, ma soprattutto molta immaginazione e molto spirito. Una visione che potremmo definire intellettiva, ovverosia l'intuito.
Aveva sviluppatissima la facoltà di sintesi, che in Bruno significava la capacità di guardare le cose da altezze superiori, eccelse, che gli consentivano una visione ampia, tale da facilitargli appunto, la visione dell'uno nelle differenze.
Ma quando la sua visione non otteneva conferma dallo stato delle conoscenze dei suoi tempi, egli si sforzava, o meglio, gli veniva spontaneo innalzare il suo pensiero oltre la realtà.
E allora abbandonava l’analisi ed entrava nel campo dell’immaginazione.
Le sue idee divenivano immagini, e le sue speculazioni fantasie e allegorie.
Egli utilizza forme logiche del pensiero come la riflessione e la meditazione, cioè di ordine essoterico, ma è l’esoterismo, con i suoi simboli, riti, allegorie, emblemi, è l’esoterismo che lo affascina. Egli elabora formule creative dominate dall’intuizione, immagini ermetiche.


5-Gnosi

Chi eravamo prima di nascere?
Ciò che comincia a renderci liberi è conoscere chi eravamo, quando eravamo nella luce.

Dove eravamo prima di essere Adamo?
Certamente in un luogo antecedente la Creazione, ma non in un altro mondo.
Quando eravamo nella luce, abitavamo nel principio, immutabili, pienamente noi e in tal modo anche divini.

Mastro Eckart mistico cristiano pronuncia parole vertiginose a questo riguardo:
Quando ero nella mia causa prima, non avevo alcun Dio, e là ero causa di me stesso. Nulla volevo, nulla desideravo, perché ero un puro essere, che conosceva se stesso nella gioia della verità … ciò che volevo lo ero, e ciò che ero, lo volevo, e là stavo libero da Dio e da tutte le cose…. Prima che le creature fossero, Dio non era Dio, ma era quello che era. Quando le creature furono e ricevettero il loro essere creato, Dio non era Dio in se stesso, ma era Dio nelle creature.”

Moshe Idel il grande studioso revisionista della cabala, ha trovato in alcuni dei più antichi testi extra-biblici quell’immagine che noi oggi associamo all’ermetismo e alla cabala: l’essere umano primordiale.
Il passaggio da quell’Anthropos ad Adamo costituisce la caduta nel tempo, una caduta che consiste esclusivamente nella creazione di Adamo e del suo mondo.
La Creazione e la caduta sono state un unico e medesimo evento.
Ma la parte più nobile del nostro essere non è mai stata creata, perciò non può cadere.

Che cosa siamo diventati?
Ciò che siamo diventati maschera completamente quell’origine che era già in se stessa una fine. C’è in noi una luce che non fa parte del mondo creato: non è adamitica.
Questa luce è la nostra essenza più intima, la nostra anima, “lo spirituale” che è in noi, la nostra divinità.
Per Bruno il problema di percepire la luce, di trovare – e di essere trovati – è semplicemente il problema di spazzare via l’ignoranza.

Dobbiamo solo aprire gli occhi e la mente, perché la luce non si sottrae a noi
Essa si manifesta illuminando tutto ciò che ci circonda:
IL GRANDE LIBRO DELLA NATURA,
e tuttavia sfugge ai nostri occhi.
È l’ignoranza l’elemento che ci blocca.

La pienezza di ciò che eravamo è il regno vivente, non l’uomo che è stato crocifisso o il dio che è risorto.
Il regno è dentro di noi e fuori di noi, il nostro compito è quello di ricongiungere l’asse della visione e l’asse delle cose.

6-Le immagini ermetiche

Bruno è intimamente convinto di essere portatore di una rinnovata visione del mondo, basata sulla possibilità di dilatare la memoria e l’intelligenza dell’uomo.
Da qui il percorso originale che Egli ci propone per illuminare la nostra mente: l’immagine ermetica.
Bruno ci invita ad introiettare stimoli che ci aiutino a sconfiggere l’opacità che permea il nostro essere e che ci impedisce di vedere tutto ciò che realmente conta.
Con le immagini ermetiche Giordano Bruno ci aiuta a salire nel vortice immaginifico antecedente la creazione.
Le immagini agiscono a livello inconscio, al disopra della volontà dell’osservatore, creando un lento sconvolgimento psichico.
Bruno parla di nuove dimensioni della mente, di intelligenza che può divenire universale, di una memoria edificata sul modello dell’Universo, di una immaginazione dilatata fino alle stelle, fino alle idee eterne ed infinite, presenti nella mente di Dio.

7-Le carte della memoria

Per raggiungere queste vette egli ci propone uno strumento pratico (si fa per dire!): le carte della memoria.
L’ars memoriae di Giordano Bruno non vuole solo potenziare la capacità di ricordare, ma intende divulgare i principi dell’ermetismo ed affermare l’utopia dell’unità degli uomini al di là delle divisioni politiche e religiose.
L'arte del ricordarsi si trasforma innanzi alla sua mente speculativa in una vera arte del pensare.
La memoria classica, quella adoperata dagli antichi rètori, serviva solo a ricordare.

Per Bruno l’obiettivo vero è.

1. trasformare l’uomo in essere divino,
2. costruire un processo di elevazione mentale dell’uomo che va oltre la creazione,
3. immettere la creatività umana in quella divina.
4. cioè, per usare parole forti: rubare il fuoco agli dei.


È l’eresia di sempre, concepita e cullata come possibile dalla tradizione ermetica, da cui appunto Bruno deriva le immagini.

Le figure sono descritte da Bruno nei particolari. Ma di queste immagini egli non ha mai eseguito rappresentazione pittorica, né ci sono stati tramandati canoni per una interpretazione grafica.

Queste figure sono costituite da:
36 decani, perfetta riproduzione del primo effluvio delle idee
49 figure planetarie
28 posizioni lunari
1 dragone lunare
36 figure collegate all’oroscopo.

I 36 decani rappresentano i demoni-decani egiziani

E questa è la temerarietà del Nolano. Nessuno prima di lui aveva osato adoperare, fuori dagli schemi della classicità, immagini per la mnemotecnica, per di più basate su archetipi esclusivamente ermetici.

Bruno sostiene che per avvicinarsi alle immagini è necessario creare uno stato di nitidezza con purezza di corpo e di mente, ottenibile con il controllo delle passioni
Poi bisogna guardare fissamente le figure dei 36 decani:
questa è la contemplazione immaginifica.
Questi decani saranno successivamente rivisti con la luce della intelligenza.
Ma il «ri-vedere» è da intendere come una osservazione compiuta con gli occhi chiusi, e avendo aperto lo sguardo interiore.

Ogni volta che si è di fronte all'ermetismo magico ed egizio di Giordano Bruno anche i migliori interpreti sono costretti a limitarsi a delle descrizioni fredde che non riescono a penetrare l'oggetto descritto.
Lo stesso Bruno descrive tecniche magico – mnemoniche che in sé risultano aride e non riescono a trasportarci nei meandri sublimi della elevazione spirituale.

Parlare di una realtà spirituale, descrivere una realtà spirituale, infatti, significa solo evocarne lo scheletro, la forma vuota ed astratta, mentre invece, dice Bruno,
il procedimento di immaginazione non va compreso, ma assorbito.

Solo l’esperienza diretta permette di compenetrare i significati più reconditi delle immagini, ma questa esperienza non è trasferibile, non è comunicabile perché è indicibile,
in quanto non siamo in presenza di un concetto o un’idea, ma di un
ACCECANTE ESPLODERE DELLA LUCE.

8-Conclusione

In Bruno si trova la sintesi della scienza moderna con le sue più spiccate tendenze:
• la libera investigazione,
• l'autonomia e la competenza della ragione,
• la visione del vero come prodotto dell'attività intellettuale,
• la proscrizione delle fantasie, delle credenze e delle astrazioni,
• un più intimo avvicinamento alla natura e al reale.
Possiamo parlare solo di «tendenze», perchè nella realtà l'immaginazione e il sentimento ebbero in lui la prevalenza, e non gli consentirono di definire in un sistema organico quell’insieme di intuizioni.

Ma nel mondo di Giordano Bruno c’è il «mondo moderno ancora in fermentazione».

Dicembre 2008.