Alcune fra
le caratteristiche fondamentali della visione
magica del mondo sono:
• la tendenza a cogliere l'unità che è sottesa alle
differenze,
• la conciliazione delle distinzioni in unità più ampie,
• l'uso sfrenato delle analogie,
• la identificazione della parte con il tutto.
All'immagine del mondo come una grande vivente catena,
corrisponde nella tradizione ermetica (che si prolunga
nell'occultismo) una visione della storia come realtà
unitaria e continua. Unità e continuità affondano le loro
radici in un passato remotissimo che, a differenza del
presente, è puro e immacolato. Facendo ricorso a esso
l'anima può spezzare le catene che la tengono avvinta al
mondo materiale e rigenerarsi.
Per tutti i seguaci della tradizione ermetica e
dell'occultismo i sapienti hanno sempre continuato, nel
corso dei millenni, ad affermare quelle stesse eterne verità
che a pochi è stato concesso di attingere.
La verità non emerge dalla storia e dal tempo: è la perenne
rivelazione di un logos eterno.
Il tempo non è rappresentabile come una freccia, ma come una
ruota.
La “rivoluzione” è, così come avviene per i corpi celesti,
un “ritorno”.
La storia è un tessuto solo apparentemente vario.
La varietà delle sue forme è solo illusoria.
In essa è presente un'unica immutabile sapienza.
Per tutti gli esponenti della cultura magica e alchimistica
i testi dell'antica sapienza si configurano come libri sacri
nei quali sono racchiusi segreti che solo pochi eletti
riescono in parte a decifrare.
La verità è sepolta nel passato e nel profondo e va ricercata
al di là degli accorgimenti che furono
impiegati per nasconderla a coloro che non ne sono degni.
Così come avviene per il Testo Sacro, è necessario andare
oltre la lettera, alla ricerca di un messaggio nascosto.
Di fronte a simbologie e terminologie oscure, ciascuno si
cimenta nella personale interpretazione, che risponde alla
propria cultura e al proprio temperamento, arrivando anche a distorcere
il testo per farlo aderire alle proprie convinzioni. Il fatto è che l'interpretazione esoterica opera ad un livello spirituale
e risponde alle esigenze più intime di colui che vi si applica. Ciascuno
utilizza la propria sensibilità per leggere quel simbolo e quel testo
nel modo più consono al proprio percorso di ricerca
interiore della propria verità.
Ma quando dal livello spirituale si vuole sconfinare nell'exoterico, la matassa
si imbroglia.
Ecco allora che la sapienza riposta diviene materia riservata ai
sapienti, ai “veri signori del mondo, ai semidei”.
Fra i sapienti e coloro che non conoscono
si apre così un abisso incolmabile.
Alle origini della modernità e della rivoluzione scientifica
stanno due motivi che si pongono entrambi come alternativi
alla “cultura ermetica” e che operano congiuntamente:
1. L'abbandono del mito di una prisca theologia o di
un'originaria sapienza perduta nelle tenebre del passato;
2. Il rifiuto del carattere segreto e iniziatico del sapere.
La distinzione, che ha origini gnostiche e averroistiche,
fra due tipi di umanità - la folla dei semplici e degli
ignoranti che hanno bisogno di “favole” e i pochi eletti che
sono in grado di cogliere la verità e che sono iniziati ai
“sacri misteri”, venne concordemente rifiutata dai padri
della modernità.
|
Nella prospettiva dei padri della modernità Bacone, Cartesio, Spinoza, Galilei, Hobbes la diffusione della verità non coincide affatto con
la sua distruzione, come teorizzava la tradizione magica. “Ogni
esperienza di magia” scrisse alla metà del Cinquecento
Heinrich Cornelius Agrippa
“aborre il pubblico, vuol essere
nascosta, si fortifica nel silenzio e viene distrutta nel
momento stesso in cui viene dichiarata”.
Al contrario, non è illecito che alle nozioni della scienza
venga data la più ampia divulgazione.
La scienza, il sapere, la sua diffusione e utilizzazione
hanno a che fare con l'uguaglianza e la democrazia, con il
rifiuto del sapere iniziatico e delle gerarchie, con
l'abbandono del concetto stesso di una “iniziazione” alla
vita reale.
Le simpatie per un mondo senza scienza e senza pensiero
razionale, la narcisistica convinzione che “il desiderio sia
onnipotente” e che la realtà possa essere modificata senza
bisogno di una sua conoscenza analitica sono, per questa
via, penetrate in profondità nella visione del mondo di
milioni di persone che vivono in Occidente,
favorite dalle religioni che si limitano ad invitare, a
predicare e a indurre gli indotti all’obbedienza.
Quando il tema della verità sepolta nel passato, anziché
rimanere nell’ambito di una ricerca spirituale, si salda al
tema di una distinzione radicale fra i comuni mortali e
coloro che sono tre volte uomini, fra coloro che sono capaci
della verità e la massa degli indotti che è condannata
all’illusione e all’ignoranza, la conseguenza è una visione
dell'umanità che non coincide con la visione moderna della
società.
Questi concetti hanno trovato, purtroppo, applicazione anche
in alcune manifestazioni della politica (i sistemi
totalitari del secolo scorso) e della religione (i
fondamentalismi) e, più in generale, laddove si assegna al
filosofo ricercatore una funzione elitaria e aristocratica
del sapere.
In questa visione, infatti, la storia viene collocata in una
prospettiva di inarrestabile decadenza rispetto alle origini
e si afferma una preferenza per l’oscurità invece che per la
chiarezza, nell’intima convinzione che la segretezza sia una
conferma della grandezza e l’incomprensibilità una prova
della profondità di una verità destinata a restare
inaccessibile ai più.
Tutto ciò confligge con un organico sviluppo della società.
Invece, ogni parte dell’organismo, spirituale e fisico,
dovrebbe avere vita propria e non confondersi
vicendevolmente. Una permanenza troppo insistita nel mondo
delle astrazioni, potrebbe portare a trascurare la vera
scienza e la vera vita, che, invece, è percepita nel
migliore dei modi attraverso le cose vive.
Il Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto non è sufficiente
a farci superare gli infiniti dubbi che ci assalgono
nell’affrontare una vita quotidiana sempre più complessa.
C’è una conoscenza naturale comune a tutti gli uomini e non
si può assegnare alcuna superiorità a coloro che, facendo
ricorso a termini trascendentali, cercano di spiegare una
realtà.
|