Giancarlo Sacconi

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Moralismi

Ci sono peccati che non vengono perdonati.
Non lo sono le efferatezze che il codice interno delle carceri punisce più severamente di ogni codice penale, come i delitti contro i bambini o i familiari.
E non lo sono anche certe piccolezze che costellano la meschina quotidianità: provate ad ammazzare un ragno e raccontatelo in giro. Riceverete rimproveri senza appello da esseri umani grandi e grossi che forse si sono fatti meno scrupoli nell'eliminare professionalmente o sentimentalmente altri grossi e grandi come loro, apparentemente meno indifesi.

Il moralismo non è di destra o di sinistra, non è cattolico né anticlericale.
È una forma di rigidezza che rassicura e tranquillizza la coscienza di chi la pratica.
È un rifugio sicuro dal quale distinguere senza incertezza i buoni e i cattivi.
È proprio del consumista e del vegetariano, del fumatore ma non bevitore e dell'amante del vino insofferente al fumo.

Al moralismo si oppongono i grandi filosofi morali.
Aristotele che raccoglie le opinioni degli uomini più saggi, indicando vie al comportamento senza pretese di indicazioni assolute.
Kant che avvia le sue riflessioni a partire dalla “conoscenza razionale comune della moralità”.
I Padri che invitavano a leggere le intenzioni prima dell'atto concreto.

Questo non significa essere immoralisti, perché siamo anche stanchi di immoralisti dogmatici, che lasciano la mamma all'ospizio e non possono sopportare una musica troppo alta; che inveiscono contro i grandi furti dei politici e non rilasciano fatture.

L'unica via, non sempre politicamente corretta, per acquisire un buon equilibrio, sembra essere quel leggero sapersi mettere in discussione che infiniti lutti addusse ai filosofi.