Giancarlo Sacconi

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Ira-Aggressività

Si può essere aggressivi per esuberanza, per una forma di vitalità non spesa. Oppure per rabbia, scontentezza di sé. Spesso per una insicurezza profonda, cioè per un bisogno ostentato di affermazione. Infine per timidezza, quando si è decisi a nasconderla agli altri o a noi stessi.
 
Il maschio è talmente educato all'aggressione, che se vi rinuncia anche la sua libido si scarica, privata di colpo degli stimoli tradizionali, quasi che la donna amata sia qualcosa da espugnare ogni volta, su cui riaffermare un diritto perduto o conculcato, un forziere da riaprire con la forza,
 
L'aggressività è necessaria per sopravvivere, per non farsi divorare da chi è più forte, oppure per farsi rispettare da un prevaricatore, quando non sia per farsi largo a gomitate, anche se è difficile stabilire, come insegna Fromm, quale sia l'impulso distruttivo «buono» e quale sia il cattivo, visto che sono entrambi figli della stessa madre.
  
Esiste un'aggressività segreta e invisibile, che quasi non si manifesta, ma che è più nociva di un'aperta cattiveria poiché è preparata da lontano, simile a una bomba a orologeria. Essa è fatta di dissimulata avversione, di piccole resistenze, di minime diffamazioni, a volte inconsce, che però lasciano un segno indelebile in chi le riceve.
Si può essere più aggressivi con una calunnia o con una confidenza divulgata, che attraverso un gesto brutale. E ugualmente con una frase, più offensiva di uno schiaffo perché più bruciante e durevole.

L'aggressività dorme dentro di noi come una belva pronta a svegliarsi. È facile imbattersi in un guidatore che non dà strada, in un funzionario supponente, in un passeggero deciso a fare il furbo: sono situazioni che funzionano come esche, la nostra aggressività vi si impiglia subito, troppo tardi ci accorgiamo di essere caduti nella trappola, poiché ormai siamo impegnati a difendere il nostro onore.
Succede allora che, in preda a questo istinto virulento e incontrollabile, ci si lasci andare a espressioni di cui non ci saremmo creduti capaci, o ad azioni che mai ci saremmo aspettati di compiere.
L'aggressività è una ghiandola malata, una spia rossa che si accende per segnalare un'alterazione, un guasto nei meccanismi. Quando si rompe la crosta dell'educazione e della cultura, subito zampilla fuori questo fuoco ribollente.

Ma dove viene prodotta questa pioggia di lapilli? In quale parte del vulcano?
La verità è che la nostra insicurezza è così infinita che esige prove su prove del suo contrario, in maniera da essere continuamente rassicurata. Se, ad esempio, ho di me un'opinione piuttosto elevata, sarò facilmente esposto alle insidie dell'aggressività. Non vedermi tributate quelle attenzioni che ritengo dovute, mi fa esser subito reattivo. E ugualmente il sospetto d'esser preso sottogamba, gabellato per ingenuo o trattato da inferiore.

Chi viceversa è servile, o umile, o si stima poco o nulla, vedrà di raro affiorare in sé quell'impulso a offendere, a ferire, se non in casi di estrema difesa, dato che il prossimo appare a costui sempre meritevole di successo, né si attenterebbe a pretendere per sé.

Dunque si aggredisce per affermarsi, per imporsi all'attenzione degli altri, ma anche semplicemente per esistere, per non essere travolti, per dar voce al proprio fiato. Così infinite volte si è aggressivi per puro riflesso, condizionati dalle affermazioni, sospinti dall'antagonismo di chi sta attorno, e l’aggressività preme per emergere, agitandosi frenetica in questo mare tempestoso che è la società, dove chi non sa nuotare finisce per andare a fondo.
Soltanto un saggio o un rinunciatario possono decidere di lasciarsi galleggiare immobili, di rinunciare a difendere la propria immagine a ogni costo, come noi invece siamo soliti fare.

Ma come cambiare un mondo che sembra obbedire solo alle leggi del più forte? Forse basterebbe rovesciare certi valori: smettere di osannare il vincitore, o di pensare che ci sia nella vittoria una fatalità superiore, e quindi un merito.

Cominciamo con l'identificarci in altri modelli, e a glorificare altri eroi: chi lotta in silenzio, chi soffre da solo, chi si batte sapendosi già sconfitto. Quanto all'aggressività, nessuna paura che ne soffra. Ne resterà sempre abbastanza da farci pentire, per un gesto o per una frase.