Giancarlo Sacconi

Cenni biografici | Cosa penso di..| Aforismi | Curiosità

Le Finanziarie in Germania

Il sistema finanziario tedesco è stato finora storicamente caratterizzato da un limitato sviluppo del mercato dei capitali e da un ruolo dominante dei prestiti bancari nel finanziamento dell'industria. Esso non si è mai mostrato particolarmente dinamico nel produrre nuovi strumenti finanziari.
Le cause sono molteplici:
da un lato il comportamento degli investitori privati, tradizionalmente avversi al rischio e con una propensione all'innovazione poco elevata, non favorisce la domanda di nuovi prodotti; in generale si preferisce investire in depositi bancari e obbligazioni emesse principalmente da banche o dal settore pubblico, piuttosto che in azioni.
dall'altro la storica centralità nel sistema tedesco della banca universale, con la sua ampia gamma di prodotti e servizi finanziari offerti, non lascia certo ampi spazi operativi ad altri intermediari, né facili opportunità di innesto a figure più specializzate.
Inoltre, la proverbiale compenetrazione tra banca e grande industria è uno dei cardini del sistema economico tedesco sulla base del quale da sempre -e con notevole coerenza-vengono gestiti i rapporti tra autorità monetaria, sistema bancario e. settore reale. La banca è infatti in grado di assistere un’impresa in ogni sua esigenza di finanziamento, dal credito di esercizio alla partecipazione azionaria;
anzi, attraverso rapporti di filiazione con altre istituzioni specializzate -che per alcuni aspetti agiscono come strumenti della politica creditizia delle banche
stesse- essa tende ad instaurare con l'impresa un rapporto di dipendenza quasi esclusivo al punto di divenirne la Hausbank, la banca di fiducia.
 
Tuttavia le scelte operate dalle autorità monetarie, durante le fasi di restrizione monetaria, e dal mondo bancario hanno mostrato di preferire il finanziamento della grande impresa; anche la progressiva riduzione della quota di mercato delle banche con funzioni speciali ha reso di fatto ancor più stringente il razionamento del credito nei confronti delle imprese minori.
Viva rimane l'esigenza delle piccole e medie imprese nel mercato finanziario tedesco di disporre di una pluralità di canali finanziari che possano integrare quello bancario.
Strumenti ed intermediari, nati dall'iniziativa sia pubblica che privata, hanno cercato di volta in volta di contribuire positivamente al processo di ricapitalizzazione di queste imprese, strutturalmente le più dipendenti e penalizzate nel confronto con la grande industria dal credito bancario.
 
In particolare il finanziamento del capitale di rischio a favore delle piccole e medie imprese si è avvalso, tra gli altri, di intermediari specializzati quali le società  di partecipazione al capitale e società di venture capital.

Kapitalbeteiliaunasaesellschaften (KBG).
 
Le Kapitalbeteiliaunasaesellschaften (KBG) -Società di partecipazione al capitale- sono nate come istituzioni a larga maggioranza private che operano tuttavia con un notevole sostegno pubblico.
Partecipano al loro capitale sociale, oltre alle grandi banche commerciali,
casse di risparmio e cooperative di credito anche le banche regionali ed i
Lander.
Solo con quote minoritarie sono presenti altre istituzioni e gli investitori privati, sebbene la loro partecipazione alle quote sociali sia di fatto impedita dall'elevato importo unitario delle stesse.
 
Finalità di questi intermediari è il sostegno finanziario di quelle imprese non quotate che per la loro dimensione, forma giuridica o per l'attività sociale ad alto rischio da esse svolta non sono più in grado di rivolgersi al mercato per soddisfare le proprie esigenze di finanziamento del capitale di rischio.
La KBG provvede loro attraverso partecipazioni minoranza per un periodo limitato, senza per questo esigere garanzie di alcuna natura, mobiliare e non.
Esse quindi mirano a colmare una presunta lacuna della struttura finanziaria delle imprese di dimensioni minori -e cioè la relativa scarsità di fondi propri- sostenendo dette imprese con apporti di capitale anonimi, senza cioè che venga intaccata l'autonomia gestionale dell'impresa partecipata, altrimenti poco propensa ad aprire il proprio capitale a terzi.
 
Le KGB, peraltro, si avvalgono nella loro attività di un certo sostegno statale nella forma di finanziamenti agevolati governativi o dei Lander. Esse, infatti, oltre ad assumere partecipazioni che per modalità tecniche ricalcano largamente la tendenza del mercato dei capitali, operano giovandosi
di rifinanziamenti a valere su fondi pubblici erogati tramite il Kreditanstalt fur Wiederaufbau (KW), l'istituto di credito specializzato per la gestione dei programmi finanziari statali a favore dell'industria.
 
Le KBG attualmente in attività sono 34, di cui 27 sono società private e solo 7 pubbliche.
In complesso, più della metà di questi istituti è stata creata negli ultimi quindici anni con una preferenza -soprattutto le KBG private- per forme giuridiche che limitano la responsabilità dei soci (società a responsabilità limitata e società in accomandita semplice), mutuando il regime societario dalle casse di risparmio ad opera delle quali erano nate negli anni sessanta.
Tuttavia non vi è alcuna preclusione di diritto a che queste società possano costituirsi come SpA.
La quasi totalità delle società di partecipazione di diritto privato è nata come “fliazione” dei maggiori istituti di credito. a latere del sistema bancario, e si è specializzata nell'intrattenere rapporti a livello di capitale di rischio principalmente con imprese non finanziarie. Soprattutto nel caso delle  Beiteiliqundsgesellschaften (società di partecipazione) il rapporto con la "banca madre” è strettissimo, al punto di rimanere prive di una qualsiasi autonomia decisionale nella gestione.
Esse anzi diventano un elemento della holding rientrano quindi nell'esigenza dell'istituzione creditizia a cui sono affiliate di razionalizzare la sua struttura operativa demandando ad esse in parte la gestione del portafoglio partecipazioni.
 
Uno dei motivi che ha spinto il sistema bancario a sostenere una rapida diffusione di queste società è di natura strettamente contabile. Attraverso queste società infatti la grande banca ha la possibilità di non palesare nelle sue scritture contabili quale sia la reale situazione del proprio portafoglio partecipazioni e soprattutto la struttura della holding da essa controllata, non rendendo di fatto manifesta l'eventuale concentrazione delle proprie attività finanziarie verso alcuni settori produttivi.
In definitiva, obiettivo di queste società è di perseguire una rendita che sia commisurata alla rischiosità dell'investimento, da corrispondersi sotto forma di partecipazione agli utili. Proprio perchè il buon fine dell'operazione è legato alla redditività dell'impresa, le KBG non sempre sono gli intermediari più idonei a garantire la copertura del fabbisogno finanziario delle imprese più innovative ma piuttosto sono attive nel segmento occupato dalle imprese di medie dimensioni già affermate e con buone prospettive di sviluppo.
 La preferenza del management di queste imprese verso forme partecipative che non implichino in generale il riconoscimento di diritti di cogestione, e che quindi garantiscano un certo rispetto della indipendenza gestionale dell'impresa, si riflette in negativo sul costo dell'operazione di finanziamento.
Un contratto di partecipazione con tali caratteristiche deve perciò poter garantire almeno una certa redditività; inoltre difficilmente alla sua scadenza la partecipazione riuscirà ad essere ceduta a terzi che non abbiano manifestato interesse nell'interferire nella gestione dell'impresa, a scapito del puro obiettivo di rafforzamento patrimoniale della partecipata. In tal caso, pur di mantenere il controllo della gestione, l'impresa -per riscattare le quote di partecipazione- si vedrà costretta a fare ricorso nuovamente al credito bancario, vanificando in tal modo il successo dell'intera operazione.
Nel tentare un bilancio dell'attività delle società di partecipazione al capitale, il loro modesto sviluppo è parzialmente imputabile alla insufficiente diversificazione degli impieghi ma soprattutto alla concessione di clausole di recesso all'impresa; conseguenza ne è che il portafoglio societario è caratterizzato da un basso rigiro delle partecipazioni ed in particolare di quelle meno vantaggiose. La prassi contrattuale, che limita ad un importo prefissato la partecipazione agli utili conseguiti dall'impresa, non consente il più delle volte nemmeno la copertura delle perdite con gli eventuali extraprofitti.
 
Il limite di questo strumento sta quindi dal lato dell'impresa beneficiaria nel fatto di renderlo esperibile solo come sostegno di ultima istanza, quando ormai l'impresa ha esaurito le capacità di credito ordinario ed è disposta a sopportare anche un maggiore onere pur di disporre di capitale –“fresco”. Da parte sua la KBG sceglierà di finanziare solo quelle operazioni certa e sicura redditività, e quindi solo imprese che vogliano migliorare una già solida posizione patrimoniale.
 
Questa discrasia tra condizioni di domanda e di offerta di capitale di rischio da parte delle KBG, ed in particolare l’adozione di criteri di selezione degli interventi molto rigidi da parte di quest'ultime che ha portato alla netta riduzione del numero di imprese partecipabili, non ha dato l'aiuto sperato alla soluzione del problema della sottocapitalizzazione delle imprese ed in primo luogo di quelle minori.
 
Neanche il programma di sostegno statale varato all'inizio degli anni settanta, che prevedeva tra l'altro la creazione di KBG di diritto pubblico, sembra aver dato i risultati attesi. Si pensava infatti che l'attività di partecipazione di questi istituti avrebbe ricevuto un nuovo impulso dalle garanzie statali che venivano loro offerte attraverso il rifinanziamento presso il KW nel caso di operazioni di ammontare non superiore ai 500 milioni di Dm. I costi connessi alla copertura dei rischi di perdite si sarebbero ridotti e con essi l'intero costo dell'operazione, favorendo la patrimonializzazione delle PMI.
 
Questo meccanismo non sembra però aver funzionato; l'intervento statale non ha infatti mutato il ruolo del tutto marginale di questi intermediari nel finanziamento del capitale di rischio, ruolo penalizzato essenzialmente dalla
mancata coincidenza di interessi tra datori e prenditori di fondi

Dutsche Wagnisfinanzierungsgellschaft (WFG)
 
L'introduzione delle società di venture capital nel mercato finanziario tedesco è legata alla creazione nella seconda metà degli anni settanta della Dutsche Wagnisfinanzierungsgellschaft (Wfg) ad opera di un pool di istituti di credito.
L’attività di finanziamento delle Wagnisfinanzierungsgellschaft (Wfg) ha per beneficiari le imprese innovative che operano in settori ad alto contenuto tecnologico e che ancora non sono in possesso delle garanzie necessarie per rivolgersi al credito bancario.
Essa prevede l'apporto di capitale di rischio e di consulenza finanziaria a favore di imprese di nuova costituzione o già in attività, qualora quest'ultime siano impegnate in un programma di conversione industriale.
In particolare, l'intervento delle Wfg in qualità di consulente, a fronte della concessione dell'apporto di capitali, costituisce

dell'operazione e non viene interpretata come l'indebita ingerenza di un organismo esterno che può comportare la sottrazione del controllo dell'impresa al soggetto economico della stessa.

In generale, rispetto alle KBG, queste società si rivolgono alle imprese offendo una gestione più dinamica del capitale di rischio, scevra da quei requisiti di redditività certa e determinata a priori che di fatto ne condizionano le scelte di gestione e ne limitano le potenzialità di intervento.
Le società di venture capital meglio si adattano invece al grado di rischio elevato dell'attività svolta dai loro prenditori di fondi; esse infatti legano la redditività della loro partecipazione alla realizzazione di plusvalenze all'atto della cessione della partecipazione al termine dell'operazione, piuttosto che a percepire un cospicuo rendimento corrente sotto forma di dividendi.
Questi intermediari solitamente assumono la struttura gestionale di fondi comuni di investimento -chiusi e aperti - anche se con forme giuridiche diverse.
Sono da annoverare in questa tipologia gli Offene Investmentfond che, come fondi aperti, si limitano ad operare solo verso imprese già quotate ed il Geschlossene Kapitalgesellschaftsfond – fondo capitale chiuso‑ caratteristica del quale è il ruolo attivo nella gestione dell'impresa in veste di co-imprenditore; la sua attività di partecipazione è limitata alle società di capitale.
Questo fondo non sembra abbia finora incontrato l'interesse dei sottoscrittori sul mercato anche a causa di un trattamento fiscale non particolarmente favorevole.
 
Simile a quest'ultimo è un altro fondo di compartecipazione chiuso, il Geschlossene Mitunternehmerfond, il quale assume la forma giuridica di Srl. e opera in qualità di associato in partecipazione all'impresa; il fondo si chiude non appena portata a termine la fase di costituzione, la c.d. Aufbauphase.
 
Le uniche società di venture capital costituite come fondi comuni che hanno assunto la forma giuridica di SpA. sono le Unternehmensbeteiligungsgesellschaften, società di partecipazione alle imprese che si occupano dell'acquisto, della vendita e dell'amministrazione di quote di partecipazione in imprese non ancora quotate sul mercato azionario.
 
Attualmente le società di venture capital sono poco più di una ventina per un patrimonio complessivo di poco superiore ai 900 milioni di Dm, del quale solo il 10-15% risulta investito in operazioni di partecipazione.
Vari sono gli elementi frenanti la diffusione di questo tipo di finanziamento del capitale di rischio. Tra questi sono da annoverare la limitata espansione sul mercato interno dell'industria ad alto contenuto tecnologico, principale
fruitrice dell'offerta di fondi di questi intermediari, e la difficile liquidabilità del portafoglio partecipazioni delle Wfa. Non ultima, la presenza della banca universale nel mercato finanziario tedesco agisce al tempo stesso da elemento stabilizzatore e da monopolizzatore dei flussi finanziari. Questo modello di intermediazione opera infatti in piena concorrenza con le società di venture capital sia dal lato dell'offerta che della domanda di capitale di rischio. Esso offre alternative di investimento sicuro e con redditività competitiva che spiazzano una quota considerevole della provvista di fondi delle Wfg; allo stesso modo, con l'offerta dì forme di finanziamento e consulenza ad hoc, che solitamente non portano a coinvolgimenti nei rapporti societari e quindi nella gestione dell'impresa, avoca a sé la domanda più qualificata.
È da notare che le Wfg stanno sperimentando soprattutto in questi ultimi anni una particolare dinamicità in parte legata alla introduzione di nuovi strumenti finanziari sul mercato ed in parte motivata dalla accresciuta competitività internazionale e dal rapido turn-over delle imprese nei settori ad alta tecnologia. Tra i primi è da annoverare la creazione dei Beteiligungs-Sondervermogen che si inserisce in quel complesso di misure con cui il legislatore tedesco ha inteso migliorare il livello di capitalizzazione delle PMI a cui è precluso l'accesso diretto al mercato mobiliare.
Comunque, in un panorama del mercato in rapida evoluzione, sostenuto da una situazione congiunturale positiva e rafforzato da una certa stabilità economica, non sembra che la banca universale tenda a rinunciare alla sua centralità nel sistema. Questo lascia prevedere una certa difficoltà a breve termine per le imprese di finanziarsi con canali alternativi al credito bancario sebbene in presenza di un mercato dei capitali più aperto sembrerebbero esserci sufficienti spazi per l'attività di altri intermediari specializzati.