Il sistema finanziario tedesco è stato finora storicamente
caratterizzato da un limitato sviluppo del mercato dei capitali e da
un ruolo dominante dei prestiti bancari nel finanziamento
dell'industria. Esso non si è mai mostrato particolarmente dinamico
nel produrre nuovi strumenti finanziari.
Le cause sono molteplici:
da un lato il comportamento degli investitori privati,
tradizionalmente avversi al rischio e con una propensione
all'innovazione poco elevata, non favorisce la domanda di nuovi
prodotti; in generale si preferisce investire in depositi bancari e
obbligazioni emesse principalmente da banche o dal settore pubblico,
piuttosto che in azioni.
dall'altro la storica centralità nel sistema tedesco della banca
universale, con la sua ampia gamma di prodotti e servizi finanziari
offerti, non lascia certo ampi spazi operativi ad altri
intermediari, né facili opportunità di innesto a figure più
specializzate.
Inoltre, la proverbiale compenetrazione tra banca e grande industria
è uno dei cardini del sistema economico tedesco sulla base del quale
da sempre -e con notevole coerenza-vengono gestiti i rapporti tra
autorità monetaria, sistema bancario e. settore reale. La banca è
infatti in grado di assistere un’impresa in ogni sua esigenza di
finanziamento, dal credito di esercizio alla partecipazione
azionaria;
anzi, attraverso rapporti di filiazione con altre istituzioni
specializzate -che per alcuni aspetti agiscono come strumenti della
politica creditizia delle banche
stesse- essa tende ad instaurare con l'impresa un rapporto di
dipendenza quasi esclusivo al punto di divenirne la Hausbank, la
banca di fiducia.
Tuttavia le scelte operate dalle autorità monetarie, durante le fasi
di restrizione monetaria, e dal mondo bancario hanno mostrato di
preferire il finanziamento della grande impresa; anche la
progressiva riduzione della quota di mercato delle banche con
funzioni speciali ha reso di fatto ancor più stringente il
razionamento del credito nei confronti delle imprese minori.
Viva rimane l'esigenza delle piccole e medie imprese nel mercato
finanziario tedesco di disporre di una pluralità di canali
finanziari che possano integrare quello bancario.
Strumenti ed intermediari, nati dall'iniziativa sia pubblica che
privata, hanno cercato di volta in volta di contribuire
positivamente al processo di ricapitalizzazione di queste imprese,
strutturalmente le più dipendenti e penalizzate nel confronto con la
grande industria dal credito bancario.
In particolare il finanziamento del capitale di rischio a favore
delle piccole e medie imprese si è avvalso, tra gli altri, di
intermediari specializzati quali le società di partecipazione al
capitale e società di venture capital.
Kapitalbeteiliaunasaesellschaften (KBG).
Le Kapitalbeteiliaunasaesellschaften (KBG) -Società di
partecipazione al capitale- sono nate come istituzioni a larga
maggioranza private che operano tuttavia con un notevole sostegno
pubblico.
Partecipano al loro capitale sociale, oltre alle grandi banche
commerciali,
casse di risparmio e cooperative di credito anche le banche
regionali ed i
Lander.
Solo con quote minoritarie sono presenti altre istituzioni e gli
investitori privati, sebbene la loro partecipazione alle quote
sociali sia di fatto impedita dall'elevato importo unitario delle
stesse.
Finalità di questi intermediari è il sostegno finanziario di quelle
imprese non quotate che per la loro dimensione, forma giuridica o
per l'attività sociale ad alto rischio da esse svolta non sono più
in grado di rivolgersi al mercato per soddisfare le proprie esigenze
di finanziamento del capitale di rischio.
La KBG provvede loro attraverso partecipazioni minoranza per un
periodo limitato, senza per questo esigere garanzie di alcuna
natura, mobiliare e non.
Esse quindi mirano a colmare una presunta lacuna della struttura
finanziaria delle imprese di dimensioni minori -e cioè la relativa
scarsità di fondi propri- sostenendo dette imprese con apporti di
capitale anonimi, senza cioè che venga intaccata l'autonomia
gestionale dell'impresa partecipata, altrimenti poco propensa ad
aprire il proprio capitale a terzi.
Le KGB, peraltro, si avvalgono nella loro attività di un certo
sostegno statale nella forma di finanziamenti agevolati governativi
o dei Lander. Esse, infatti, oltre ad assumere partecipazioni che
per modalità tecniche ricalcano largamente la tendenza del mercato
dei capitali, operano giovandosi
di rifinanziamenti a valere su fondi pubblici erogati tramite il
Kreditanstalt fur Wiederaufbau (KW), l'istituto di credito
specializzato per la gestione dei programmi finanziari statali a
favore dell'industria.
Le KBG attualmente in attività sono 34, di cui 27 sono società
private e solo 7 pubbliche.
In complesso, più della metà di questi istituti è stata creata negli
ultimi quindici anni con una preferenza -soprattutto le KBG private-
per forme giuridiche che limitano la responsabilità dei soci
(società a responsabilità limitata e società in accomandita
semplice), mutuando il regime societario dalle casse di risparmio ad
opera delle quali erano nate negli anni sessanta.
Tuttavia non vi è alcuna preclusione di diritto a che queste società
possano costituirsi come SpA.
La quasi totalità delle società di partecipazione di diritto privato
è nata come “fliazione” dei maggiori istituti di credito. a latere
del sistema bancario, e si è specializzata nell'intrattenere
rapporti a livello di capitale di rischio principalmente con imprese
non finanziarie. Soprattutto nel caso delle Beiteiliqundsgesellschaften
(società di partecipazione) il rapporto con la "banca madre” è
strettissimo, al punto di rimanere prive di una qualsiasi autonomia
decisionale nella gestione.
Esse anzi diventano un elemento della holding rientrano quindi
nell'esigenza dell'istituzione creditizia a cui sono affiliate di
razionalizzare la sua struttura operativa demandando ad esse in
parte la gestione del portafoglio partecipazioni.
Uno dei motivi che ha spinto il sistema bancario a sostenere una
rapida diffusione di queste società è di natura strettamente
contabile. Attraverso queste società infatti la grande banca ha la
possibilità di non palesare nelle sue scritture contabili quale sia
la reale situazione del proprio portafoglio partecipazioni e
soprattutto la struttura della holding da essa controllata, non
rendendo di fatto manifesta l'eventuale concentrazione delle proprie
attività finanziarie verso alcuni settori produttivi.
In definitiva, obiettivo di queste società è di perseguire una
rendita che sia commisurata alla rischiosità dell'investimento, da
corrispondersi sotto forma di partecipazione agli utili. Proprio
perchè il buon fine dell'operazione è legato alla redditività
dell'impresa, le KBG non sempre sono gli intermediari più idonei a
garantire la copertura del fabbisogno finanziario delle imprese più
innovative ma piuttosto sono attive nel segmento occupato dalle
imprese di medie dimensioni già affermate e con buone prospettive di
sviluppo.
La preferenza del management di queste imprese verso forme
partecipative che non implichino in generale il riconoscimento di
diritti di cogestione, e che quindi garantiscano un certo rispetto
della indipendenza gestionale dell'impresa, si riflette in negativo
sul costo dell'operazione di finanziamento. |
Un contratto di partecipazione con tali caratteristiche deve perciò
poter garantire almeno una certa redditività; inoltre difficilmente
alla sua scadenza la partecipazione riuscirà ad essere ceduta a
terzi che non abbiano manifestato interesse nell'interferire nella
gestione dell'impresa, a scapito del puro obiettivo di rafforzamento
patrimoniale della partecipata. In tal caso, pur di mantenere il
controllo della gestione, l'impresa -per riscattare le quote di
partecipazione- si vedrà costretta a fare ricorso nuovamente al
credito bancario, vanificando in tal modo il successo dell'intera
operazione.
Nel tentare un bilancio dell'attività delle società di
partecipazione al capitale, il loro modesto sviluppo è parzialmente
imputabile alla insufficiente diversificazione degli impieghi ma
soprattutto alla concessione di clausole di recesso all'impresa;
conseguenza ne è che il portafoglio societario è caratterizzato da
un basso rigiro delle partecipazioni ed in particolare di quelle
meno vantaggiose. La prassi contrattuale, che limita ad un importo
prefissato la partecipazione agli utili conseguiti dall'impresa, non
consente il più delle volte nemmeno la copertura delle perdite con
gli eventuali extraprofitti.
Il limite di questo strumento sta quindi dal lato dell'impresa
beneficiaria nel fatto di renderlo esperibile solo come sostegno di
ultima istanza, quando ormai l'impresa ha esaurito le capacità di
credito ordinario ed è disposta a sopportare anche un maggiore onere
pur di disporre di capitale –“fresco”. Da parte sua la KBG sceglierà
di finanziare solo quelle operazioni certa e sicura redditività, e
quindi solo imprese che vogliano migliorare una già solida posizione
patrimoniale.
Questa discrasia tra condizioni di domanda e di offerta di capitale
di rischio da parte delle KBG, ed in particolare l’adozione di
criteri di selezione degli interventi molto rigidi da parte di
quest'ultime che ha portato alla netta riduzione del numero di
imprese partecipabili, non ha dato l'aiuto sperato alla soluzione
del problema della sottocapitalizzazione delle imprese ed in primo
luogo di quelle minori.
Neanche il programma di sostegno statale varato all'inizio degli
anni settanta, che prevedeva tra l'altro la creazione di KBG di
diritto pubblico, sembra aver dato i risultati attesi. Si pensava
infatti che l'attività di partecipazione di questi istituti avrebbe
ricevuto un nuovo impulso dalle garanzie statali che venivano loro
offerte attraverso il rifinanziamento presso il KW nel caso di
operazioni di ammontare non superiore ai 500 milioni di Dm. I costi
connessi alla copertura dei rischi di perdite si sarebbero ridotti e
con essi l'intero costo dell'operazione, favorendo la
patrimonializzazione delle PMI.
Questo meccanismo non sembra però aver funzionato; l'intervento
statale non ha infatti mutato il ruolo del tutto marginale di questi
intermediari nel finanziamento del capitale di rischio, ruolo
penalizzato essenzialmente dalla
mancata coincidenza di interessi tra datori e prenditori di fondi
Dutsche Wagnisfinanzierungsgellschaft (WFG)
L'introduzione delle società di venture capital nel mercato
finanziario tedesco è legata alla creazione nella seconda metà degli
anni settanta della Dutsche Wagnisfinanzierungsgellschaft (Wfg) ad
opera di un pool di istituti di credito.
L’attività di finanziamento delle Wagnisfinanzierungsgellschaft (Wfg)
ha per beneficiari le imprese innovative che operano in settori ad
alto contenuto tecnologico e che ancora non sono in possesso delle
garanzie necessarie per rivolgersi al credito bancario.
Essa prevede l'apporto di capitale di rischio e di consulenza
finanziaria a favore di imprese di nuova costituzione o già in
attività, qualora quest'ultime siano impegnate in un programma di
conversione industriale.
In particolare, l'intervento delle Wfg in qualità di consulente, a
fronte della concessione dell'apporto di capitali, costituisce
dell'operazione e non viene interpretata come l'indebita ingerenza
di un organismo esterno che può comportare la sottrazione del
controllo dell'impresa al soggetto economico della stessa.
In generale, rispetto alle KBG, queste società si rivolgono alle
imprese offendo una gestione più dinamica del capitale di rischio,
scevra da quei requisiti di redditività certa e determinata a priori
che di fatto ne condizionano le scelte di gestione e ne limitano le
potenzialità di intervento.
Le società di venture capital meglio si adattano invece al grado di
rischio elevato dell'attività svolta dai loro prenditori di fondi;
esse infatti legano la redditività della loro partecipazione alla
realizzazione di plusvalenze all'atto della cessione della
partecipazione al termine dell'operazione, piuttosto che a percepire
un cospicuo rendimento corrente sotto forma di dividendi.
Questi intermediari solitamente assumono la struttura gestionale di
fondi comuni di investimento -chiusi e aperti - anche se con forme
giuridiche diverse.
Sono da annoverare in questa tipologia gli Offene Investmentfond
che, come fondi aperti, si limitano ad operare solo verso imprese
già quotate ed il Geschlossene Kapitalgesellschaftsfond – fondo
capitale chiuso‑ caratteristica del quale è il ruolo attivo nella
gestione dell'impresa in veste di co-imprenditore; la sua attività
di partecipazione è limitata alle società di capitale.
Questo fondo non sembra abbia finora incontrato l'interesse dei
sottoscrittori sul mercato anche a causa di un trattamento fiscale
non particolarmente favorevole.
Simile a quest'ultimo è un altro fondo di compartecipazione chiuso,
il Geschlossene Mitunternehmerfond, il quale assume la forma
giuridica di Srl. e opera in qualità di associato in partecipazione
all'impresa; il fondo si chiude non appena portata a termine la fase
di costituzione, la c.d. Aufbauphase.
Le uniche società di venture capital costituite come fondi comuni
che hanno assunto la forma giuridica di SpA. sono le
Unternehmensbeteiligungsgesellschaften, società di partecipazione
alle imprese che si occupano dell'acquisto, della vendita e
dell'amministrazione di quote di partecipazione in imprese non
ancora quotate sul mercato azionario.
Attualmente le società di venture capital sono poco più di una
ventina per un patrimonio complessivo di poco superiore ai 900
milioni di Dm, del quale solo il 10-15% risulta investito in
operazioni di partecipazione.
Vari sono gli elementi frenanti la diffusione di questo tipo di
finanziamento del capitale di rischio. Tra questi sono da annoverare
la limitata espansione sul mercato interno dell'industria ad alto
contenuto tecnologico, principale
fruitrice dell'offerta di fondi di questi intermediari, e la
difficile liquidabilità del portafoglio partecipazioni delle Wfa.
Non ultima, la presenza della banca universale nel mercato
finanziario tedesco agisce al tempo stesso da elemento
stabilizzatore e da monopolizzatore dei flussi finanziari. Questo
modello di intermediazione opera infatti in piena concorrenza con le
società di venture capital sia dal lato dell'offerta che della
domanda di capitale di rischio. Esso offre alternative di
investimento sicuro e con redditività competitiva che spiazzano una
quota considerevole della provvista di fondi delle Wfg; allo stesso
modo, con l'offerta dì forme di finanziamento e consulenza ad hoc,
che solitamente non portano a coinvolgimenti nei rapporti societari
e quindi nella gestione dell'impresa, avoca a sé la domanda più
qualificata.
È da notare che le Wfg stanno sperimentando soprattutto in questi
ultimi anni una particolare dinamicità in parte legata alla
introduzione di nuovi strumenti finanziari sul mercato ed in parte
motivata dalla accresciuta competitività internazionale e dal rapido
turn-over delle imprese nei settori ad alta tecnologia. Tra i primi
è da annoverare la creazione dei Beteiligungs-Sondervermogen che si
inserisce in quel complesso di misure con cui il legislatore tedesco
ha inteso migliorare il livello di capitalizzazione delle PMI a cui
è precluso l'accesso diretto al mercato mobiliare.
Comunque, in un panorama del mercato in rapida evoluzione, sostenuto
da una situazione congiunturale positiva e rafforzato da una certa
stabilità economica, non sembra che la banca universale tenda a
rinunciare alla sua centralità nel sistema. Questo lascia prevedere
una certa difficoltà a breve termine per le imprese di finanziarsi
con canali alternativi al credito bancario sebbene in presenza di un
mercato dei capitali più aperto sembrerebbero esserci sufficienti
spazi per l'attività di altri intermediari specializzati. |
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