Giancarlo Sacconi

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Le Finanziarie in Europa

L'esame obiettivo delle esperienze di altri paesi a noi vicini fornisce utili spunti interpretativi e propositivi per il caso italiano, ricordando sempre che l’indagine risale al 1990.

Circoscrivendo l'analisi all'ambito europeo, dato il carattere regionale degli intermediari in esame, la scelta dei paesi è stata operata in prima approssimazione sulla base dell'esistenza di una comune matrice storica e della presenza di problemi e tendenze affini nei mercati finanziari locali.

L'ipotesi storica che riscuote un diffuso consenso tra gli economisti suggerisce di accomunare l'esperienza di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia.

Questi quattro paesi hanno raggiunto un avanzato grado di sviluppo economico e si trovano a dover fronteggiare problemi similari anche nel mercato finanziario. In ciascuno di essi le esigenze del mercato del credito hanno spinto le autorità monetarie a compiere scelte operative talvolta radicalmente differenti, legate come sempre in buona parte alle caratteristiche dimensionali ed al grado di efficienza dei singoli mercati mobiliari.

La gamma di soluzioni prospettate, le forme di intervento e l'ambito di operatività degli intermediari interessati in questi quattro paesi sono infatti varie e multiformi.

Volendo collocare sistemi creditizi di Francia Germania, Gran Bretagna e Italia in uno schema a confronto è possibile contrapporre a sistemi bancari come quello tedesco e quello francese, in massima parte non specializzati, quelli del tipo -banca commerciale che invece sono più vicini ai principi informatori del sistema bancario inglese e di quello italiano.
Nei primi due paesi (Francia e Germania) la banca di tipo “universale” è abilitata ad agire infatti come intermediario finanziario anche sul mercato azionario assumendo in proprio e, di regola, in via diretta il rischio inerente ad un portafogli di azioni e partecipazioni.

Naturalmente il grado di autonomia nell'assunzione del rischio presenta significative differenze a seconda della centralità storica che questo modello creditizio è andato progressivamente assumendo nel sistema economico.
Se infatti per il sistema tedesco si può a pieno titolo parlare di una continuità reale, non avendo il modello di banca mista subito nell'ultimo cinquantennio modifiche rilevanti, nel caso francese questo modello rappresenta il risultato ultimo di un processo lento ma graduale di deregolamentazione che in venti anni ha avvicinato sempre più la gamma di attività delle banche di deposito a quelle delle banche d'affari, riducendo fortemente la presenza pubblica (soprattutto del circuito del Tesoro) nel sistema ed il grado di specializzazione dei suoi operatori.

Il modello di -banca commerciale nato negli anni trenta dall'incrinato rapporto banca-industria, e che pur con alcune differenze caratterizza l'esperienza italiana ed inglese, si fonda invece sulla netta separazione tra attività di pura intermediazione ed attività di assunzione di partecipazioni industriali.

La banca, sebbene per centralità e pluralità di ruoli sia il centro del sistema di intermediazione finanziaria (soprattutto nel caso italiano), di fatto rimane esclusa dall'operare per proprio investimento sul mercato mobiliare fornendo in via diretta capitale di rischio alle imprese.

Questa funzione di intermediazione indiretta è delegata invece ad operatori specializzati ed investitori istituzionali che nel panorama finanziario italiano se si escludono le società finanziarie e poche altre figure, hanno ancora un ruolo del tutto residuale e sottodimensionato rispetto alle effettive esigenze del mercato.
Alle aziende di credito infatti non è permesso di acquistare e detenere azioni di imprese industriali e commerciali a scopo di puro investimento ma solo ai fini di un'attività di negoziazione.

Nel caso inglese, invece, le banche commerciali godono, rispetto alle banche italiane, di una più ampia scelta nel mix di attività da svolgere. Questo è l'effetto del processo di despecializzazione iniziato negli anni settanta e dell'assenza di una normativa organica che vincoli il campo di attività degli intermediari finanziari. Nella maggioranza dei casi, infatti, si rimanda alla prassi operativa nel quadro prudenziale definito dalla Bank of England.
Nonostante le peculiarità dei rispettivi ordinamenti e le diversità delle filosofie che nel tempo hanno alternativamente favorito istituzioni e strumenti dell'intervento pubblico a quello privato nel reperimento del capitale di rischio a favore delle PMI, questi paesi della Comunità Europea presentano singolari reciproche analogie ed offrono interessanti spunti di riflessione anche per il caso italiano.

Riteniamo dunque utile effettuare una sistematica ricognizione sotto il profilo istituzionale delle scelte da essi operate nel tentativo di individuare il filo conduttore che lega le loro esperienze in tema di politiche del credito a livello regionale.

Per Francia, Germania e Gran Bretagna verranno individuati quegli intermediari specializzati nella fornitura di capitale di rischio che nell'ambito di ciascun sistema finanziario presentano elementi distintivi simili all'esperienza italiana delle SFR.

Per ogni singolo intermediario verrà quindi tracciato un breve profilo istituzionale che ponga in risalto le caratteristiche del proprio modello di intervento, i suoi strumenti ed il campo e livello di operatività.