La poesia di Merisi
Ernesto Merisi era il collega, diciamo così, anziano, (ma ancora un giovane sui '40), che affiancai al mio arrivo all'Ufficio Commerciale della Stipel di Bergamo.
Io ero un 20enne pimpante. In pochi mesi mi feci molto apprezzare dal Capo-Ufficio Alberto Ferrari e dagli altri colleghi. Ma con Ernesto Merisi si stabilì un rapporto di maggiore partecipazione fraterna. Merisi era un un cattolico praticante, con una famiglia invidiabile, due figli, e viveva da cattolico. Così capitava di parlare a volte assieme, anche fuori della normale vita d'ufficio. Mi testimoniò affetto sincero in diversissime circostanze. Non mi fece mai mancare consigli utili. |
Al momento della mia partenza
da Bergamo, fu umanamente dispiaciuto. Non so come è andata la sua carriera, ma spero di avere contribuito con la mia decisione a liberargli degli spazi nell'Ufficio. Nel suo saluto in rima egli descrive un clima e situazioni reali. Merisi pubblicava poesie su giornali locali e ancora nel 1968 mi inviò un assaggio della sua produzione poetica. Poi non ci siamo più sentiti. Peccato. |
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Allampanato, cortese, belloccio, E lontano, chiudendo gli occhi seri, il Giancarlo nostro detto il Perugino. Ma volle, dell’assalto di nostalgia Subito s’immerse nelle scartoffie iridate Ahi! Come non risentir lo sgomento E divenne amico, collega, con intelligenza Nell’affannoso ricercar d’un argine
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Cotanta bravura e impegno possente Ma perchè imperterrito te ne vai domattina? Appassionato al folclore e alla cultura Tanto che a trattenerti disperata Conobbe, intanto, anche un
Poeta, Ma ormai è vano l’affettuoso mio sospiro. E con sincero augurio, come si conviene.
Ernesto Merisi |